La questione del DASPO, così come è stata raccontata negli ultimi giorni di luglio, si presta ad alcune analisi e, vista senza la patina di retorica e depurata dalla affannosa arrampicata sugli specchi, racconta la trasformazione della metropoli nella sua versione moderna e post-moderna. Andiamo con ordine, ed esaminiamo la vicenda nei differenti aspetti di intersezione con la vita della città.
a Baggio perdiamo perchè ci sono i rom.
le grigliate [degli stranieri] impediscono l’uso dei parchi pubblici.
Ecco una serie di articoli e interviste introduttive all'argomento DASPO:
Tutto nasce dal decreto Minniti (D.L. 14/2017), che per primo ha allargato il Daspo, nato come provvedimento sportivo, all’ambito civile, unendo al classico rispetto per la legalità il nuovo concetto di rispetto del decoro urbano. Il decreto sicurezza Salvini (D.L. 113/2018), relativo a immigrazione e sicurezza urbana, ha solo esteso le aree di applicazione ai presidi sanitari, a fiere e mercati, ed alle strade, ed ha confermato il blocco stradale e il blocco ferroviario. La nuova delibera di giunta di Milano del 22 luglio, e di consiglio del 26 luglio, è un atto volontario di chiaro significato politico: appesantisce le misure repressive, mescola cause ed effetti, e rivela una precisa vocazione ideologica. Formalmente si tratta di una modifica al regolamento di polizia municipale e prevede, come misura repressiva, il cosiddetto allontanamento. Oltre alle aree definite dai decreti, e cioè aree verdi, luoghi di istruzione, zone di interesse artistico etc, la delibera individua undici aree specifiche, zone privilegiate in cui il provvedimento di allontanamento può essere attuato dagli agenti.
Iniziamo subito a smantellare il primo fondamento della delibera di giunta. Nel senso che la delibera non poggia su nessun fondamento solido, ma solo su fragili, scivolosi, se non inconsistenti appoggi. Non c’è nessuna analisi né alcun dato a confortare la necessità di tale stress alle maglie del diritto. Nella città smart, dove i dati sono più importanti delle persone (di sicuro valgono di più), non esiste una statistica dei reati connessi e una correlazione con il provvedimento adottato. Non c’è una valutazione delle situazioni di ubriachezza molesta, né di accattonaggio molesto, né di permanenza molesta di senza fissa dimora. Non c’è perchè non sono un problema, non esiste una emergenza, non si sta registrando in città una impennata improvvisa di comportamenti molesti. La Vicesindaco Scavuzzo, a domanda precisa a Radiopopolare, in due occasioni, prima al dibattito di giovedi 1 agosto [audio] e poi al microfono aperto di sabato 3 agosto, non fornisce alcun dato relativo alla situazione dell’ordine pubblico ed ai presunti reati che potrebbero portare alla applicazione del daspo o dell’allontanamento.
Si passa, in modo silente, ai concetti di sicurezza o disordine percepiti. Non contano i numeri, le statistiche, gli arresti o le denunce. Sindaco ed Assessore si basano sulla sensazione di insicurezza e di pericolo percepiti dalla popolazione. A questo punto è necessario un piccolo approfondimento. Quando Sala e Scavuzzo parlano di residenti che si sentono in pericolo, hanno già fatto una precisa scelta sociale, economica, addirittura antropologica. Hanno catalogato tra i residenti coloro - e solo coloro - che hanno comportamenti ordinati, precisi, puliti, e soprattutto che non si ubriacano, non sporcano per terra, non stazionano su una panchina, non fanno una grigliata nel parco, non chiedono l’elemosina per la via. La nuova catalogazione avviene sulla base del comportamento. Una nuova definizione di poveri appare all’orizzonte: non più legata all’aspetto economico (a cui dovrebbe seguire una politica sociale, welfare) ma connessa con un modo di agire, valutato in modo arbitrario, e per di più colpevolizzante. I poveri non sono più coloro che non hanno denaro (perché hanno perso il lavoro, perchè sono stati sfrattati, perché non consumano adeguatamente…) ma sono coloro che si comportano male. E quindi sono poveri per colpa loro, perchè hanno una postura sociale non adeguata.
Abbiamo visto che le parole adottate da coloro che propongono Daspo-Allontanamento parlano di disagio percepito, che non si cura dei dati reali e invoca provvedimenti sulla base di una sensazione costruita ad arte. Diventa quindi inutile perseguire i reati maggiori, quelli che recano maggior danno alla collettività (si pensi ad esempio all’evasione fiscale o ai crimini di tipo finanziario). Diventa allora urgente perseguire i reati minori, quelli che minano il decoro e generano l’insicurezza che tanto insidia le certezze della classe media, cioè il soggetto sociale e politico che più ha da perdere e si sente minacciato dal disordine, ovviamente percepito. Questa classe media, questa borghesia che a Milano è sempre meno media e sempre più alta, va coccolata a tutti i costi, perché a Milano, e in tutta Italia, è diventata la base elettorale del PD. Sala e Scavuzzo non possono permettersi di perderla, considerato anche l’inquietante scenario nazionale.
Il linguaggio adottato da Sala-Scavuzzo è un cedimento totale alla logica leghista: quando dice, in veste di Assessore, che “i venditori abusivi impediscono l’utilizzo dei mezzi pubblici”, afferma una cosa evidentemente falsa e non congrua, ma sta costruendo una logica ed un pensiero in piena assonanza con il progetto della destra. Se chiedo l’elemosina non ti impedisco di passare sul marciapiede; se cuocio una salamella non ti inibisco di passeggiare per il parco. Come ha già scritto bene qualcuno in rete, per giustificare il Daspo-Allontanamento bisogna parlare così. E disegnare così la città.
La definizione delle aree di applicazione dell'ordine di allontanamento diventa ad personam. Se i decreti Minniti e Salvini identificavano tipologie, la delibera del Comune di Milano identifica undici aree specifiche. Il prossimo passo potrebbe essere quello di identificare e schedare le persone specifiche da allontanare. La città che emerge è una specie di Cisgiordania in salsa milanese. Una endemica presenza di aree sulle quali sarà possibile applicare il Daspo ed una residuale maglia fatta di interstizi nella quale - almeno in teoria - il daspo non è applicabile. A questa mappa di base vanno aggiunti gli eventi temporanei, per i quali non è chiara l’applicazione: le aree dei mercati sono sempre sotto effetto daspo oppure lo sono solo il giorno in cui si tiene il mercato? Le fermate degli autobus sono punti sensibili? Forse la questione non è nemmeno così importante. La città è quasi completamente soggetta a Daspo. La nuova mappa, per ora incompleta, ci dice di una metropoli in cui risulta modificata la sostanza “ontolgica” di spazio pubblico. Si tratta, in sintesi, di un forte attacco al concetto stesso di città, che è pubblica oppure non è (città).
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Dobbiamo riflettere anche su un nuovo cambio di paradigma. La delibera introduce divieti, sanzioni e pene sulla base di comportamenti che - al momento - non costituiscono esattamente un reato. Ma c’è un problema più grave: il provvedimento non si pone nessuna domanda sulle cause che hanno determinato i comportamenti colpevolizzati. Si tratta solo di una modifica del regolamento di polizia, però avrebbe fatto piacere leggere che dietro ad ogni provvedimento era previsto un intervento di servizi sociali, di operatori alla persona, di mediatori culturali. Se ci sono mendicanti in giro, non sarebbe meglio domandarsi chi siano, che storie abbiano dietro, che bisogni esprimano, che sofferenze manifestino? Se ci sono comunità di stranieri che fanno festa la domenica in un parco pubblico, perché dovremmo indispettirci? Sono gruppi di persone che nei giorni di festa si radunano in uno spazio pubblico e si incontrano mangiando e bevendo. Esprimono un bisogno, forse una nostalgia, probabilmente una sofferenza. Domandarsi come e perché è il primo passo indispensabile per capire. E se sporcano, forse è sufficiente un minimo intervento dell’AMSA o al limite dare una sanzione amministrativa. Invece nulla di tutto ciò. Si risolve il problema (se di questo di può parlare) con un allontanamento, di fatto tornando a prima della legge Basaglia, quando quelli strani dovevano stare dietro ad un muro. Dietro al muro il problema scompare, e infatti il Daspo non dice assolutamente nulla di cosa accade a coloro che sono stati allontanati, né di cosa succede delle aree dove questi dovranno spostarsi, una volta allontanati. E non tutti i Daspo sono uguali. Quelli comminati a Sesto (501 ad oggi) come a Milano (280 secondo il Vicesindaco) sono di tipo comunale, durano 24h, e sono ben diversi da quelli ratificati dalle questure, che possono prolungarsi fino a due anni, e sono pochi, pochissimi, come ammesso dal Sindaco Sala. Questa comunicazione ambigua, strumentale, aiuta a chiarire l'inutilità profonda del dispositivo se non in forma di profilazione sociale.
Inseguire la destra sembra essere il nuovo political-style della giunta Sala, tanto che il provvedimento in Consiglio Comunale è stato votato da Lega, Forza italia e M5S. Tuttavia la rincorsa verso destra non riesce a ripagare dello sforzo fatto. La sinistra che vuole fare cose di destra fallisce per inesperienza, o per stupidità. Da domani sarà possibile allontanare il posteggiatore abusivo che sta davanti alla Triennale. Bene, ma poiché quella è una zona di parcheggio, tempo venti minuti e arriverà un nuovo posteggiatore, anch’egli abusivo, e così via, fintanto che il giro sarà completo e dopo un mese tornerà il primo parcheggiatore. Il provvedimento del daspo è inefficace, nella sua completa declinazione: visto da sinistra per tutto quello scritto e detto fino ad ora, e visto da destra perché non sufficientemente liberticida.
Tutto questo ragionare di allontanamento e comportamenti devianti non può che farci pensare all’unico motore acceso nella grande metropoli, ovvero al meccanismo della rendita. I valori immobiliari non possono essere messi in discussione, i trend di crescita dei prezzi delle case, il boom della finanza legata agli immobili di lusso, il raffinato marketing territoriale e turistico rappresentano le sole dinamiche positive in un paese sempre più precarizzato e segmentato. Il Daspo e l’Allontanamento possono diventare un ottimo strumento di governo del territorio.
La Vicesindaco Scavuzzo proviene da una storia differente. Una tradizione in cui parole come accoglienza, solidarietà, prevenzione, riduzione del danno, avevano - ed hanno - significati profondi e importanti. L’Assessore Scavuzzo è cresciuta in un contesto in cui l’attenzione agli ultimi, il camminare al passo con i deboli erano gli elementi fondanti che regolavano le relazioni con le persone, i rapporti educativi, le scelte politiche. Non sappiamo come sia finita a vietare le grigliate nei parchi, speriamo che i forti elementi di contraddizione tra questo provvedimento e la complessa realtà di Milano possano aprire nuovi scenari.
Ça va sans dire che tutta la nostra riflessione su daspo e allontanamento non sarebbe stata possibile senza il contributo fondamentale di Wolf Bukowski, autore di "La buona educazione degli oppressi" (ed. Alegre, 2019), testo a cui rimandiamo per una trattazione sistematica ed approfondita di storia, analisi e critica del decoro.
Collettivo Off Topic
Milano, 06 Agosto 2019