Apprendiamo dai media dell’esistenza di un sindacato preoccupato di difendere lo stato sociale, il bene pubblico, i diritti dei senza diritti. Il suo segretario si chiama Susanna Camusso e le sue parole d’ordine sono “unità sindacale” e “difendiamo la produzione”. Forse è per questo secondo principio che la Cgil contende a pericolosi concorrenti (Lunardi, Vespa, Formigoni, Berlusconi, Fassino solo per citare i più noti) la passione per grandi opere, infrastrutture, cemento. A prescindere avrebbe detto Totò. Basta fare, in Valle come a Rho-Pero, perchè porta lavoro, dicono lor; lavoro precario, insicuro, a caporalato, in nero, aggiungiamo noi…ed una catena infinita di attività produttive in dismissione, poichè questo lavoro tanto augurato è improduttivo a livello territoriale e fortemente impattante sul tessuto economico e sociale esistente.
E’ l’ennesima bufala di Expo 2015, quella dei 70.000 posti di lavoro e della grande opportunità che tanto ricorda le promesse di FieraMilano di qualche anno fa (rileviamo che la metà dei lavoratori a tempo indeterminato di quest’azienda sono stati licenziati dopo un periodo di mobilità). Questa volta è FILLEA (il comparto edili della CGIL) a lanciare allarmi, a invocare il rischio di commissari straordinari e poteri forti, per non veder fallire Expo 2015. Banche, confindustria e costruttori saranno plaudenti: quale miglior alleato per i loro interessi, che, ricordiamo, non fanno il paio con beni comuni, spesa pubblica, stato sociale, salvaguardia dal consumo di suolo e del paesaggio? A parole contro tagli e macelleria sociale, nei fatti, invocando risorse per opere come TAV o Expo, complici del meccanismo che depreda risorse pubbliche e alimenta il debito.
Non ci aspettavamo barricate NoExpo dal sindacato della Camuffo, ma almeno il realismo di capire che Expo è inutile, costoso e pagato da tagli e privatizzazioni. Altrimenti, il solito Totò direbbe sez’altro: ma mi facci il piacere…