Il 26 luglio Area C, il pedaggio di 5 euro per entrare in auto all’interno della cerchia dei bastioni, è stato sospeso in via cautelare. Il consiglio di stato ha infatti ribaltato la sentenza di rigetto dell’istanza presentata da Mediolanum Parking (06/06/12) ravvisando un danno economico per il parcheggio (che ancora oggi è in attesa di un precedente ricorso contro l’inserimento dell’area pubblica che lo ospita, all’interno del Fondo Immobiliare II varato dal Comune di Milano nel 2009).
Le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra e promettono battaglia dai primissimi di settembre con l’eloquente campagna azzurro-nastrata “in centro io non c’entro”, la giunta piange 70 mila euro di mancati introiti giornalieri e la destra cittadina festeggia maldestramente la fine (?) di una misura di congestion charge che implementava l’Ecopass di morattiana memoria. Veniamo al punto: perché, i più maliziosi si chiederanno, dobbiamo per forza essere “contro” anche questa disciplina della mobilità urbana?
Per cominciare AreaC è una misura non scalare da un punto di vista sociale: il prezzo di 5 euro è un disincentivo ad utilizzare l’automobile per determinate fasce sociali e non lo è affatto per altre. Questa iniquità di partenza si riproduce in maniera speculare sulle tipologie di veicolo nella misura in cui ogni auto paga la medesima quota (ingressi privati e commerciali, utilitarie ed auto super inquinanti..). In secondo luogo se l’istituzione della ZTL diminuisce sensibilmente il numero di veicoli circolanti all’interno della cerchia, lo stesso non avviene all’esterno immediato della stessa: è intuitivo che una tassazione del traffico sganciata da iniziative per la multimodalità, sconti e nuove formule di mobilità pubblica, un sistema di parcheggi di scambio, non può modificare sensibilmente il comportamenti di chi deve raggiungere il centro della città.
Come si usa il ricavato di AreaC? Tra gli ambiti d’intervento sintetizzati in una bella presentazione di qualche mese fa ricordiamo: proteggere e sviluppare la rete di trasporto pubblico, promuovere la mobilità dolce (pedonabilità, ciclabilità, traffico a velocità moderata), razionalizzare la distribuzione delle merci, ridurre l’inquinamento atmosferico. Quanto è stato fatto nei primi sei mesi di sperimentazione? Quante nuove piste ciclabili, aree con limite a 30 km/h, quante iniziative di superamento della barriere architettoniche sono state attivate? Anche sulle cifre relative alla riduzione dell’inquinamento la discussione è più che aperta: in prima istanza non è l’obiettivo ma un’esternalità positiva del provvedimento, secondariamente diminuzione della CO2 e del PM10 non vanno di pari passo e non hanno comunque tolto a Milano la medaglia di bronzo sul podio olimpico dei capoluoghi più inquinati d’Italia.
Si ha come l’impressione che la preoccupazione per le sorti di AreaC abbia una matrice tutta economica: nessuno è disposto a rinunciare ad esempio ai 150mila verbali ancora da esigere (multe da 90 euro cadauna) che darebbe un certo respiro alle esangui casse comunali. Così, mentre il Piano d’azione per l’energia sostenibile sottoscritto dal Comune di Milano nel lontano 2009 giace dimenticato in qualche cassetto dell’amministrazione, già si pensa a come bypassare il Consiglio di Stato con una “delibera Bis” il mese prossimo agitando l’urgenza di un PUMS data la rapida obscolescenza del PGTU…
Oggi nelle metropolitane di Milano non si può portare una bicicletta prima delle ore 20 e dovremmo lasciare la critica ostaggio della destra commerciante e reazionaria? AreaC implementava senza coraggio le mediocri intuizioni di Ecopass, le anime più sensibili e battagliere di Milano dovrebbe ritrovare coraggio ed esigere molto di più invece di unirsi al coro fiacco dei nostalgici, degli scontenti, dei frustrati della sostenibilità a pagamento.
La cecità della metropoli toglie il respiro.