Greetings from Greece

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Cinque giorni in Grecia, in questi convulsi anni di crisi e sconvolgimenti sociali, sono un’esperienza complessa e intensa, difficile da riassumere in poche parole. Molte le suggestioni, le immagini, i confronti che il paesaggio, devastato e nonostante tutto combattivo, di una città viva come Atene ci suggerisce. Per questo proviamo a mettere ordine nei nostri pensieri e ricostruire l’immagine comunque appena sfiorata del paese che più di tutti, in Europa, sta fungendo da triste “avanguardia” dei possibili panorami della Grande crisi.

p.s. Ringraziamo in particolare il sito di controinformazione greco-italiano atenecalling.org e gli altri siti di movimento citati nelle note per il costante lavoro di aggiornamento dall’articolata e convulsa situazione greca.

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Rebetiko e anarchia

Arriviamo nello storico quartiere popolare di Exarchia, vicino al centro di Atene: sarà la differenza di colore dei muri, sarà per il movimento di giovani che attraversano le strade, sarà per l’assenza di banche o per il presidio permanente dell’antisommossa ai suoi confini, ma fin dai primi passi dentro si respira un’aria diversa dal resto della città. Exarchia è un quartiere complesso, con una storia antica e radici che influenzano ancora oggi le sue dinamiche interne: roccaforte rivoltosa fin dai tempi del Colonnelli, quartier generale del pensiero radicale ateniese (e greco), in particolare anarchico, costellata da centri sociali e club politici, la politica è parte integrante della vita di Exarchia; in passato è stata anche la culla della malavita gentile, molto simile alla ligera milanese, caratterizzata da un’illegalità di sopravvivenza e da un rifiuto deciso dell’autorità (da queste parti mai gentile) di polizia, Stato e banche. La caratteristica organizzazione in bande e gruppi, con l’evolversi della complessa storia greca, si è col tempo politicizzata in senso antiautoritario e libertario. Durante la dittatura dei Colonnelli, è da Exarchia e dal vicino Politecnico che è partita una delle poche rivolte diffuse in pieno regime, nel ’73

La storia del quartiere e del suo complesso tessuto sociale è ancora oggi raccontata nella canzone popolare tipica della Grecia: il rebetiko, un genere molto simile alla musica balcanica, che racconta storie d’amore estremamente passionali, accoltellamenti per gioco, scontri con l’autorità, criminalità di strada violenta contro il potere e gentile con poveri ed emarginati, anzi i cui protagonisti vengono dai bassifondi. Ancora oggi nel quartiere ci sono numerosi locali dove è possibile ascoltare le ballate popolari del rebetiko, cantate ad alta voce anche dai più giovani, tra un bicchiere di grappa ed un liquore greco. E lo spirito di questa musica underground d’altri tempi si respira anche nell’estrema ospitalità con cui gruppi organizzati e abitanti trattano quelli considerati loro simili: un’ospitalità da un lato tipicamente mediterranea, dall’altro fortemente intrisa di affinità politica.

Questa storia sempre ai margini della società e mai realmente pacificata con le istituzioni si riscontra nella consapevolezza degli abitanti e dei frequentatori del quartiere, in particolare gli attivisti politici che in Exarchia trovano sempre un rifugio ed un punto d’incontro: la sinistra greca, quella rivoluzionaria soprattutto, fin dai tempi della guerra civile del ’46-’49 ha alternato periodi di clandestinità a periodi di legalità, ma subendo una forte discriminazione e rimanendo comunque sotto stretta sorveglianza, da parte di autorità formatesi e strutturate con un’impronta decisamente anticomunista. Non solo ad Exarchia, ma in generale in tutto il paese, l’ala antagonista e radicale ha dovuto necessariamente darsi un’organizzazione e una disciplina senza le quali non sarebbe stata in grado di radicarsi e, in primo luogo, di sopravvivere.

Quello che colpisce è quindi il carattere non conflittuale degli attivisti di questa bank free zone: gentilezza e ospitalità assieme ad una dura e consapevole determinazione. Fino al 2008 si pensava che questo complesso e variegato movimento anarchico e antiautoritario fosse confinato alla sola Exarchia, ma l’assassinio del giovanissimo Alexis, prima, e l’esplodere della crisi del debito, dopo, hanno invece dimostrato una sua più larga presenza soprattutto tra gli strati giovanili e la sua capacità di costruire un’asse con la più ampia protesta popolare scoppiata dal 2010.

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Il contratto sociale si è rotto

E’ esattamente questo il sentimento forse più diffuso nella Grecia della Grande crisi, come ci ha raccontato un compagno di Exarchia: la sensazione che la già debole coesione sociale costruita faticosamente dopo la fine della dittatura abbia perso i suoi fondamenti. Fondato fino agli anni Ottanta sul mai realizzato programma socialista di riforme radicali e, dai Novanta ai primi Duemila, sulla promessa neoliberista del facile arricchimento e del benessere individuale di marca americana, il contratto sociale greco si è schiantato sulla crisi del debito e sui memoranda imposti dalla Troika.

In particolare, l’arricchimento facile, il clientelismo di Stato, la corruzione, la speculazione sul territorio sono stati il grande inganno benedetto anche dai partner europei (tedeschi e francesi in primis, ma anche inglesi). Il simbolo estremo di questa arroganza e di questa irresponsabilità politica è il villaggio olimpico, costruito per le Olimpiadi del 2004 nella periferia nord di Atene, ora quasi del tutto abbandonato e inutilizzato.

L’etica pubblica fortemente individualista e il consenso popolare verso un sistema politico dominato da organizzazioni politiche a sindacali (socialisti e conservatori su tutti) molto simili ai partiti dei notai, del deputato di famiglia o di caseggiato, precedenti ai partiti di massa di fine Ottocento, avevano contribuito comunque a sviluppare anche una controcorrente sotterranea: accanto ai favori e alle reti clientelari, si è formata una massa di giovani e di appartenenti ai gruppi sociali esclusi dal progetto di modernizzazione del paese (immigrati e precari). Naturalmente, collocandosi a sinistra, questi gruppi oltre a subire la discriminazione e l’esclusione dei burocrati, hanno vissuto direttamente i soprusi e le violenze di una polizia ancora fortemente politicizzata a destra, che risente dell’originale vocazione anticomunista e repressiva.

E’ esattamente questo che è successo la sera del 6 dicembre 2008 quando, in seguito all’uccisione di Alexis dentro Exarchia (quartiere che, come abbiamo visto, è sempre stato offlimits per la polizia), per oltre dieci giorni la combattività e il rifiuto di questi giovani esclusi si è manifestata violentemente e con un’estensione che ha colto alla sprovvista istituzioni, polizia ed opinione pubblica. Ed è esattamente questo che è successo anche nella rivolta di massa che dal maggio 2010 ha caratterizzato la vita pubblica greca: le ragioni dell’anarchismo giovanile e dei vecchi gruppi antiautoritari, radicatesi tra chi non faceva parte delle formazioni politiche tradizionali (e delle loro ideologie) che si sono spartite la torta, sono riuscite a trovare comprensione anche in quella parte di classe media bruscamente privata di garanzie e diritti.
Ora a fine 2013 si può dire che, al di là dei trucchi finanziari e delle promesse di sviluppo inarrestabile, al di là del clientelismo consensuale degli ultimi vent’anni, la rottura del contratto sociale significa prima di tutto che i governanti hanno accettato di smantellare completamente le fondamenta di qualunque sistema di welfare e di protezione del cittadino dalla tragedia della povertà: lo si vede nella speculazione che prima ha divorato e ora abbandonato Atene, lasciando edifici vuoti o in avanzato degrado; lo si vede dall’impressionante numero di vetrine di negozi ed esercizi commerciali svuotati in seguito a fallimenti; lo si vede dalle siringhe per terra, dal crescente numero di eroinomani per le strade, dal prepotente aumento delle bande criminali; lo si vede dai senzatetto e dai disoccupati nelle strade; lo si vede dagli ospedali, dalle scuole e dalle università chiuse per mancanza di fondi o in segno di protesta  contro i tagli letali imposti dalle Larghe intese e ordinati dalla Troika.

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Una volta con i carri armati, ora con le banche

La fine del contratto sociale va di pari passo con la disgregazione della società greca e il progressivo isolamento delle istituzioni, che procedono ignorando opinione pubblica ed eventi esterni ai palazzi.

Quando la Grecia è entrata in crisi e tutto è sembrato rapidamente collassare, la risposta del popolo greco è stata coraggiosa: mobilitazioni di massa, spesso confuse, spontanee, con una composizione eterogenea, ma parole d’ordine condivise e chiare. Le piazze greche, tra scontri con la polizia, assalti al Parlamento, presidi permanenti, scioperi e occupazioni, parlavano di democrazia diretta, opposizione fino alle estreme conseguenze delle imposizioni straniere, solidarietà sociale. E’ stato un grido dentro cui si sono inserite le speranze rivoluzionarie del movimento anarchico, il riformismo radicale della sinistra di Syriza e per certi versi anche del Partito comunista, le proteste dei lavoratori pubblici e privati, la classe media in rapida decomposizione e i pensionati con l’agghiacciante prospettiva di vedere drasticamente ridotta la propria pensione. E la risposta non si è manifestata solo nella radicalità di piazza, ma anche nella riorganizzazione d’emergenza che la popolazione ha dovuto affrontare nel momento in cui lo Stato si è ritirato: le Cliniche solidali di Atene, dove medici e infermieri curano gratuitamente cittadini privi di assistenza sanitaria oppure a causa della chiusura degli ospedali pubblici le fabbriche autogestite di Salonicco, la cui direzione è stata presa direttamente dai lavoratori e la cui produzione è stabilita dall’Assemblea pubblica cittadina, le scuole aperte nei quartieri periferici, improvvisate e gestite direttamente dagli insegnanti, per far fronte alla drammatica dispersione scolastica dei giovani greci, alimentata anche dal quasi fallimento della Pubblica istruzione; la sede volante della Ert (la rete televisiva pubblica, la Rai greca), che dopo la chiusura e la privatizzazione ha prima occupato la propria sede storica e, dopo lo sgombero da parte della polizia, ha cominciato a trasmettere dove viene offerta ospitalità (non ultimo, il Politecnico) e ancora, la cacciata degli spacciatori di eroina da Exarchia e la pulizia del quartiere dalle siringhe utilizzate.

Questa riorganizzazione spontanea di parte della popolazione greca è parte di quello spirito di rivolta che ha avuto nelle proteste di piazza la sua immagine più spettacolare e che continua ad essere presente. Tuttavia, negli ultimi tre anni, da un lato Stato e governo hanno avuto il tempo di organizzarsi, dall’altro stanno progressivamente subentrando alla rabbia cinismo, individualismo e depressione. Inoltre, la rapida crescita non solo elettorale dei neonazisti di Alba Dorata ha mostrato che la presunta egemonia che la sinistra sembrava aver conquistato sulla protesta sociale era molto meno consolidata di quanto si credesse. Parlando con i compagni e gli attivisti greci, così come con i giornalisti della Ert (non proprio degli estremisti), la sensazione è che la tensione sociale stia crescendo e si nutra di diversi elementi, primo fra tutti il formarsi di un’estesa area grigia formata principalmente dalla classe media disintegratasi, indifferente alla protesta politica, che si rifugia in pratiche di sopravvivenza molto individuali; il problema è che, come sempre le zone grigie, si sta rapidamente trasformando nel terreno più fertile per il populismo neonazista di Alba Dorata. Il bisogno di ordine e stabilità, la paura del futuro, sono anche la principale giustificazione nei confronti della violenza poliziesca e nutrono l’indifferenza per la gravissima situazione repressiva che ormai sempre più coinvolge centinaia di attivisti.

“Once with tanks, now with banks” recita un murales vicino al centro di Atene. Il richiamo al golpe del 1967 e alla lunga notte della dittatura militare è molto diffuso e questo spiega perché, in Grecia, l’antifascismo è un sentimento ancora ben presente e vivo nelle contestazioni e nelle proteste contro i memoranda europei: l’austerità radicale e violenta sta causando la disgregazione sociale, che a sua volta alimenta il fascismo protetto dallo Stato e in cui militano molti membri di forze dell’ordine ed esercito; la disgregazione sociale causa anche un aumento della tensione, cui i governanti rispondono con un crescente autoritarismo. Non è un caso che, mentre banchieri e politici greci prendono ordini da tedeschi e inglesi, i dirigenti della Sicurezza nazionale sono andati a scuola dai loro colleghi nord europei, riorganizzando completamente la polizia e l’antiterrorismo. Durante le manifestazioni e in generali nei presidi di polizia, non vengono mai usati blindati o mezzi corazzati, in quanto simbolo del periodo della giunta militare, quindi la presenza fisica degli agenti è sempre stata preponderante in piazza. Il segno più evidente di questa riorganizzazione è l’applicazione del metodo nordeuropeo di affiancamento e “scorta” del corteo da parte della polizia e l’introduzione di un corpo speciale motorizzato, chiamato Squadra Delta, i cui uomini sono molto vicini all’estrema destra.

La tensione e l’insofferenza per il legame polizia-Alba Dorata è riesplosa violentemente in occasione del recente omicidio del rapper antifascista Pavlos Fissas.

Come insegna Pinochet, il neoliberismo non è solo una ricetta economica, ma nella sua forma più brutale richiede anche un efficiente apparato repressivo e di controllo. Se volessimo segnare su una cartina di Atene i luoghi del potere decisionale, più che il Parlamento, dovremmo mettere una bandierina sul lussuoso albergo posizionato esattamente di fronte: l’Hotel Grand Bretagne, dove i commissari della Troika e del Fmi alloggiano quando vengono in visita nella capitale greca.

In questa situazione molto complessa, lo spirito di solidarietà del 2010-2012 non è scomparso, ma sembra aver quasi passato il suo momento di forza. Dalla rivolta si sta passando alla resistenza. Con tutte le incognite che ciò comporta.

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Alexis 5 anni dopo. Ancora una volta: Pane, Istruzione, Libertà

Il 6 dicembre 2013 è stato il quinto anniversario dell’assassinio di Alexis e delle sommosse che ne sono seguite. Alexis è un simbolo: non soltanto della repressione poliziesca, ma più in generale di uno Stato e di una società che ha, prima della crisi, privato una grossa parte di giovani e giovanissimi di qualunque alternativa al clientelismo e alla servitù verso “deputati di famiglia” e “burocrati amici”; mentre dopo, quando il debito è esploso, ha rinunciato una volta di più all’obbligo della solidarietà sociale e al dovere dell’uguaglianza. Alexis è un simbolo per i gruppi rivoluzionari, per la sinistra radicale, ma con l’aggravarsi della situazione economica e sociale rappresenta sempre più un ricordo importante anche per ampi settori dell’opinione pubblica di sinistra

Per una rapida rassegna con immagini e filmati delle mobilitazioni ad Atene e Salonicco, segnaliamo: http://www.squer.it/of/alexis-grigoropolous-proteste-anniversario-grecia/.

Al corteo mattutino, aperto dagli studenti, sono presenti anche i sindacati, i partiti e l’associazionismo greco. Ma sono gli studenti e i giovani i veri protagonisti della piazza: l’impressione più forte e toccante è vedere ragazzini anche giovanissimi di 13-14 anni, con la faccia già indurita e in parte consapevoli di non aver più concesso praticamente nessun futuro. Alexis era uno di loro dopotutto. E sono sempre gli studenti che, dopo essere passati da un Parlamento blindato come mai negli ultimi anni, guidano gli scontri che scoppiano davanti l’università statale, punto di partenza e di arrivo del corteo. C’è un’immagine molto bella che rappresenta lo spirito della manifestazione mattutina: gli studenti, ritirandosi dopo l’attacco della polizia, tentano di rifugiarsi sulle scalinate all’ingresso dell’ateneo, venendo così circondati; contemporaneamente, però, il resto del corteo, dopo essersi inizialmente sbandato per i lacrimogeni e le cariche, decide di mettersi a ridosso dei poliziotti per evitare l’arresto degli studenti. In Grecia, fino a poco tempo fa, la Costituzione prevedeva il diritto d’asilo dentro le università (in memoria dei caduti nella rivolta del Politecnico); questo diritto è stato eliminato di recente e quindi solo grazie alla compattezza dei manifestanti si sono potuti evitare almeno trecento fermi.

La sera invece, con l’aria ancora pesante per i lacrimogeni lanciati nelle ore precedenti, un numero maggiore di persone (oltre 10 mila) si ritrova sempre di fronte l’università per il corteo nazionale che si svolge in un clima teso, ma senza incidenti, anche davanti al Parlamento. E’ nel secondo momento, quando ci si sposta dentro Exarchia per posare un fiore e accendere una candela, in un commovente silenzio, sotto la targa di Alexis che comincia la lunga notte di Exarchia: ogni strada una barricata, ogni esercizio commerciale o albergo un punto di rifugio, ogni tetto un urlo di avvertimento e di supporto per chi si trova in strada ad impedire alla polizia di entrare nel quartiere e attaccare i manifestanti. E’ la solidarietà della bank and police free zone: gli antisommossa e i Delta riescono a più riprese ad entrare e quando lo fanno, le serrande si abbassano, le porte si chiudono e chi si trova in strada si compatta dietro l’ennesima barricata. Poi, non appena la polizia si sposta verso un’altra zona, le vie si ripopolano di persone che escono dai rifugi e i gyros o i bar riprendono la loro attività. L’aria è densa di lacrimogeni, il cui veleno entra dappertutto e rende l’aria irrespirabile, ma nessuno sembra farci troppo caso. Fino a quando non parte un nuovo attacco, non c’è un nuovo urlo che avvisa dell’arrivo della polizia e ci si nasconde di nuovo. E la notte prosegue così a fasi alterne, fino a quando in pochi non restano nelle strade e la polizia (che continua a presidiare le strade fino all’alba) non si ritira.

Il quinto anniversario di Alexis è stato di poco preceduto dal quarantesimo della rivolta del Politecnico del 1973;  il legame tra le due date, pur rappresentando eventi accaduti in contesti differenti, e soprattutto il legame dei due anniversari con l’attuale situazione della Grecia dicono molto di quali siano le ragioni che muovono militanti, attivisti e parte dei cittadini greci. Ancora una volta, potremmo sintetizzare il loro programma politico nelle parole d’ordine lanciate dai ribelli del ’73: pane, istruzione, libertà. E, in un certo senso, queste rappresentano anche “il grido e la richiesta” (per parafrasare Lefebrve quando parla del Diritto alla Città) delle generazioni che si stanno formando e stanno crescendo nei duri anni della Grande crisi in tutta Europa. Come detto all’inizio, la Grecia sta purtroppo rappresentando un’avanguardia, un laboratorio, un possibile esito di quella modernizzazione autoritaria che non costruisce nulla, ma polverizza le società e il loro futuro.

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Chiudiamo con una citazione tratta dall’articolo Dall’occhio destro del primo ministro Samaras all’occhio destro dell’anarchico Gavril, tradotto dal greco su atenecalling.org, che secondo noi esprime meglio di tante analisi ed elaborazioni la partita che si sta giocando in Grecia (e non solo):

Tenete nei vostri occhi bene aperti l’immagine della vostra reale democrazia e della vostra reale sensibilità, quella di un occhio che rotola sull’asfalto per colpa dei battaglioni d’assalto dell’oligarchia, che con la sua assurdità e arroganza fa da anticamera al nazismo, a un nuovo 1967 e a una nuova epoca della Bestia anticomunista, oscurantista e post guerra civile, che cerca “teorie degli opposti estremismi” per “ripulirsi” sugli schermi come “garante della democrazia, della stabilità e della normalità”.

Che ha come simbolo e segno di riconoscimento le flash bangs e i lacrimogeni sparati ad altezza uomo, e che spoglia la società di diritti, lavoro, salute pubblica, istruzione, possibilità, sogni e cultura.

Quanto i nostri occhi potranno ancora sopportare la legalizzazione e l’istituzionalizzazione della violenza politica da parte di una formazione governativa pseudopatriottica ormai in declino (sprofondata ai più bassi livelli qualitativi e morali della classe politica parlamentare borghese della Grecia del Dopogiunta) davanti alla parata del terrorismo e della violenza dello “Stato di diritto”?

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Cronache da Honduras, Grecia, Palestina

Cassetta-postale

Negli ultimi mesi gli attivisti del Boccaccio hanno raccolto sul loro blog alcune corrispondenze di attivisti (oltre che nostri carissimi amici) che sono a spasso nei luoghi, e nelle lotte, che animano altre fette di globo. Proviamo a raccoglierle in questo post nel tentativo di diffonderne lo spirito “in presa diretta”.

Honduras

22.10 | Dopo una settimana

08.12 | Alla terza settimana Leggi tutto “Cronache da Honduras, Grecia, Palestina”