Correva l’anno 2000 quando la prima giunta Albertini, in preda alla più classica delle foghe privatizzatrici, istituì la Fondazione Milano. In essa confluirono le quattro storiche scuole civiche maggiormente “professionalizzanti” del Comune di Milano, un fiore all’occhiello decennale in grado di offrire alla città, a prezzi contenuti, l’accesso a una formazione post diploma nel campo della produzione audiovisiva (Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti), teatrale (Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi), musicale (Civica Scuola di Musica Claudio Abbado) e di interpreti e traduttori (Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli).
La critica dei tempi, bollata da media e discorso pubblico come “passatista”, era relativa all’apertura di queste scuole al mercato. Di fatto il passaggio ha aperto le porte della precarietà nel comparto insegnanti e ha esposto le quattro scuole alle sorti della finanza pubblica, data la maggior flessibilità strutturale ora acquisita e la conseguente facilità con cui divenne possibile ridurre e rimodulare la dotazione organica. I sostenitori della misura celebrarono la flessibilità in ingresso, ovvero la possibilità di assumere senza dover passare da lunghi, incerti e costosi concorsi; soprattutto la possibilità, tramite questa formula, di ottenere finanziamenti dal privato, “interessato ad avere in città alta qualità formativa”. Passati 24 anni possiamo invece affermare che la precarietà della Fondazione è più attuale che mai e i soldi dei privati sono finiti in attività formative concorrenti, dai costi di accesso ben diversi, nate non solo per offrire il servizio civico formativo, ma soprattutto per realizzare direttamente profitti.
L’attuale crisi delle scuole civiche milanesi, su cui oggi martedì 23 aprile verterà il presidio lanciato dalle organizzazioni sindacali confederali davanti a Palazzo Marino, è l’esito di quel processo di svuotamento della città pubblica di cui trattiamo sotto diversi ambiti: la sua estensione nel campo formativo, in assenza di opposizione, sembra quasi naturale. Naturale per noi, quindi, essere sensibili a chi si oppone all’attuale riduzione degli stanziamenti del Comune di Milano in direzione di Fondazione Milano, nel triennio che ci porterà alle Olimpiadi, grande evento in grado di catalizzare energie e finanziamenti anche evidentemente a scapito dei moduli formativi accessibili e di qualità. L’entità dei tagli è considerevole, il bilancio di previsione (di cui il PEG è attuazione) stima per il 2024 una riduzione della contribuzione del 20%. Sul 2026 la riduzione è addirittura del 76%. Un taglio significativo ma non irrecuperabile. Ricordiamo che il bilancio di previsione triennale ha carattere autorizzativo solo per l’anno corrente, il 2024. Per i due anni restanti il bilancio è di tipo previsionale e, per quanto le variazioni siano da giustificare, gli stanziamenti sono ribaltabili nei prossimi due bilanci di previsione. Nemmeno il 2024 è poi da considerare tecnicamente come perso, considerato che è sempre possibile stanziare nuovi fondi in sede di variazione di bilancio. La contesa quindi è tutt’altro che chiusa e l’esito, nei termini tecnici, è tutt’altro che ineluttabile.
Perché opporsi quindi ai tagli imposti dal bilancio? Non sono comunque parte della tanto richiesta e sbandierata riduzione delle spese pubbliche? Occorre opporsi perché il taglio dei finanziamenti, come correttamente specificato dai contestatori tramite un semplice ed efficace volantone, implica la riduzione quantitativa e/o qualitativa dei corsi (quindi dell’offerta formativa) e la conseguente riduzione delle spese sul personale, lasciato a casa o pagato peggio, così come l’aumento delle rette. È inevitabile che l’effetto dei tagli incida su quanto descritto, a meno che prevalga la politica di aumento generalizzato delle rette, con buona pace della natura civica e quindi pubblica delle scuole coinvolte, accessibili a tutti e a tutte.
Perché questi imponenti tagli proprio in contemporanea alla realizzazione del Campus della Goccia in Bovisa? Perché, come troppo spesso accade in città, i nuovi grandi progetti non sono una risposta ai bisogni di chi vive, lavora e si forma in città. Sono al contrario operazioni speculative utili ai costruttori e al partito trasversale della valorizzazione immobiliare. Il trasferimento delle scuole di Fondazione Milano presso la nuova struttura, denunciano i lavoratori, avverrà a discapito delle metrature, inferiori a quelle tuttora a disposizione, e non permetterà di fatto lo svolgersi di alcuni dei corsi tuttora in essere. In compenso i sette edifici che al momento ospitano le scuole citate verranno messi a valore, ovvero venduti, affittati, oppure offerti in concessione.
In conclusione, si tratta di un tema che è fortemente connesso a quello a noi caro della contestazione dello svuotamento della città pubblica: vi invitiamo quindi al presidio e ai successivi appuntamenti che il coordinamento dei lavoratori delle scuole civiche ha messo e metterà in campo, perché la lotta per una formazione accessibile e di qualità è la stessa lotta per una Milano accessibile e inclusiva.
Per protestare contro tutto questo, student* e docenti delle Scuole civiche hanno indetto un presidio oggi martedì 23 aprile dalle 16 alle 19 sotto Palazzo Marino, cui invitiamo tutt* a partecipare.