Non sappiamo se è ingenuità o arroganza, ma la #Milano peggiore, quella del #SalonedelMobile, è ben esemplificata dal video realizzato da Stefano Boeri per l’evento per eccellenza della “capitale morale”: un #archistar, protagonista della #gentrificazione instagrammabile meneghina, che vorrebbe rendere esteticamente bella persino l’indigenza più estrema – spacciandola per empatia (coerentemente con la filantropia coloniale e razzista dell’alta società).
Milano, dove il “tasso di sforzo” del reddito sull’affitto è il più alto d’Italia (43%); dove sono 80mila gli appartamenti sfitti (di cui 10mila pubblici, #MM e #ALER); dove anche giovani medici, tramvieri, lavoratori dell’amministrazione pubblica rinunciano ad abitare per il costo eccessivo.
Milano, la “città dei 15 minuti” garantita dalla #gigeconomy e dal lavoro sfruttato dei #riders, dallo svuotamento della vera prossimità per far posto ai magazzini di stoccaggio del delivery e della micro-logistica.
Milano, la città che rende gratuiti i mezzi pubblici per il Salone del Mobile ma il cui sindaco si dichiara contrario alla gratuità permanente e che sarebbe possibile, preferendo la mobilità #sharing e privata su quattro ruote aggiungendo pochi km di ciclabili a scopo decorativo e rimandando il raggiungimento obiettivi piano Aria Clima a quasi 30 anni da oggi (a proposito, breaking news: +6% mortalità da smog e +8% per le alte temperatura entro il 2050, secondo l’ultimo studio pubblicato da Science direct).
Milano, dove gli sfratti esecutivi previsti sono circa 10mila che per lo più coinvolgeranno i cosiddetti “lavoratori poveri” con reddito annuo inferiore ai 20mila euro – magari gli stessi che reggono come camerieri, tecnici, operai gli eventi come il Salone e gli altri avvenimenti dell’economia stagionale e precaria su cui si regge la città-evento.
Milano, dove la risposta al bisogno abitativo è completamente delegata al mercato mentre il patrimonio pubblico in crisi viene “valorizzato” (leggi: venduto) approfittando dei progetti di “riqualificazione” dei quartieri popolari – come accade a #SanSiro -, il tutto condito con una narrazione mediatico-sociologica che ne denuncia le condizioni strutturali di violenza e disagio, soprattutto giovanile, soprattutto di origine non italiana, da risolvere inglobando la “città popolare” nella “città del benessere” e del “volontariato” (parole testuali del Corriere della Sera).
Milano, “città dei diritti”, incapace di chiudere un lager di Stato come il CPR di via Corelli, contraria a una qualunque politica sociale che non sia dettata da fondi immobiliari, operatori privati, grandi marchi, che tiene la città pubblica in ostaggio dei ceti proprietari – di macchine, di case, di terreni, di locali.
Il video di #Boeri e tutto ciò che rappresenta è un insulto, grave, violento, classista, degno della peggiore (o migliore?) tradizione della borghesia milanese. Riappropriamoci della città, l’indigenza e la miseria non posso essere abbellite, dell’empatia dei ricchi non ce ne facciamo nulla, così come la rivolta non passerà da nessun bando.