Era l’ottobre 2016 quando con altre realtà della periferia ovest demmo vita a Trotto Bene Comune provando a difendere le storiche ex scuderie e la pista del Trotto dalle mire speculative di Hines e Axa che, nel 2017, presentarono il masterplan con cui la proprietà dava seguito alla Determina Dirigenziale nr. 13 del 14 maggio 2014, Protocollo Generale nr. 319988/2014 (direttore di settore l’attuale assessore Tancredi, assessora all’ urbanistica Ada Lucia De Cesaris e nessun voto degli organi politici comunali, Giunta Pisapia) mutò la destinazione delle aree prevista dal PGT, consentendone l’edificazione e la conseguente valorizzazione fondiaria.
Allora, si denunciava come questo atto avrebbe accelerato un processo più ampio di trasformazione di tutto il comparto che comprendeva gli impianti ippici, le aree residue (il bando per l’ex scuderie De Montel era già realtà) e lo stadio Meazza, per il quale Inter e Milan reclamavano già una maggiore profittabilità, e che tutto questo non solo non avrebbe salvato le aree verdi delle piste di allenamento e del galoppatoio, ma minacciato l’intero comparto popolare e a edilizia pubblica del quartiere.
Oggi, dopo la presentazione del masterplan che rileva l’idea di “rigenerazione” del Piazzale dello Sport da parte dei fondi d’investimento proprietarie dei club meneghini, non solo quelle fosche previsioni prendono corpo, considerando che nel frattempo le ex scuderie del Trotto sono diventate le residenze di lusso di Syre, ma addirittura appare lampante che, già allora, “ignoti funzionari del Comune” avevano garantito agli sviluppatori di Hines e AXA, che lo stadio Meazza sarebbe stato demolito per agevolare la vista panoramica delle future residenze di pregio che sorgeranno, salvo colpi di scena, sul sedime della ex pista dello storico ippodromo del Trotto.

Il masterplan “per la rigenerazione del Piazzale dello Sport” prevede un investimento di 1,3 mld per realizzare un nuovo quartiere commerciale, dell’intrattenimento, alberghi e spazi per uffici, di cui lo stadio (che peraltro punta a un target di spettatori più ricchi e ad alta capacità di spesa) ricopre una una minima parte per superfici e valore economico.
Il finto bando messo in piedi dal Comune, per accelerare i tempi della svendita dello stadio Meazza ed evitare che scatti il vincolo monumentale sul secondo anello, che ne impedirebbe l’abbattimento, non serve ad altro che dare legittimità normativa a qualcosa di già deciso su altri tavoli e nel solco di un modello di città e di una prassi di governo esterna alle sedi teoricamente previste da una democrazia rappresentativa. Ma la realtà storica ci ha ormai abituato che il liberalismo e il liberismo spostano i meccanismi decisionali e di controllo lontano dalla tanto decantata “volontà popolare”, nelle “porte girevoli” e nelle relazioni d’affari che caratterizzano la classe del finanz-capitalismo. A conferma di questo: il valore di vendita del Meazza e delle aree del Piazzale dello Sport, stimato dalla Agenzia delle Entrate a 473 euro al metro quadro, appare scandalosamente sottostimato e oltraggiosamente vantaggioso per gli acquirenti Inter e Milan – e non a caso finito sotto l’attenzione della Procura di Milano per possibile danno erariale.
La vicenda San Siro è per noi emblematica di quella che denunciamo da tempo come “privatizzazione della Città pubblica” a Milano. Se tutto questo si realizzasse secondo i piani, a pagarne il costo maggiore sarebbe il quartiere pubblico e popolare delle case ALER di San Siro e sul quale le spinte alla sostituzione abitativa non stanno solo nei cassetti degli studi delle archistar, ma nella quotidianità della profilazione razziale e della criminalizzazione a mezzo stampa, legittimata spesso da ricerche accademiche e da una letteratura scientifica sul “disagio sociale” (nuova variante della più antica “devianza”) che, dietro la “scientificità” della sociologia urbana e dell’etno-antropologia, fa da cornice alla violenza degli sfratti e degli sgomberi.