Nelle ultime settimane la vicenda sul destino dello stadio Meazza a San Siro ha visto diverse novità e cambi di scenari repentini, ma non sono certo notizie positive e a cui fanno da corollario altre questioni e fatti che portano a dire che il destino del Meazza torna ad essere in bilico e la situazione è tornata, più o meno, a quella di 2/3 anni fa. Torna infatti attuale la possibilità che sorga un secondo stadio accanto al Meazza, a sua volta quasi completamente abbattuto. Questo nonostante il vincolo che scatterà nel 2025 sul secondo anello, rendendone a quel punto impossibile l’abbattimento, che in caso di vendita ai privati potrebbe non essere rispettato con la compiacenza di una giunta particolarmente sensibile ai diktat degli asset finanziari proprietari dei clubs. E questo passaggio, l’alienazione da parte del Comune a Milan e Inter dello stadio di San Siro e aree adiacenti, potrebbe essere il cavallo di Troia per rendere fattibili i progetti speculativi cari a Red Bird e Oaktree, le due società finanziarie statunitensi proprietarie delle due squadre.
Andando di poco a ritroso nel tempo, ricordiamo che il progetto presentato dalle due società calcistiche per il Meazza e aree adiacenti prevedeva l’abbattimento quasi totale dello stadio esistente (salvo pochi corpi testimoniali del primo anello) e la costruzione di un nuovo stadio e, soprattutto, di importanti volumetrie commerciali, terziarie e ricettive, vero scopo affaristico del progetto. Il Sindaco Sala si era speso di persona, in primis a favore del mantenimento del Meazza, poi riconoscendo le ragioni delle squadre e l’interesse pubblico per il progetto di nuovo stadio; infine, a fronte della fronda nella maggioranza dei contrari al progetto e sostenitori del referendum promosso dai comitati (e mai ammesso) che chiedeva di bloccare il progetto, tornava a sposare l’idea della ristrutturazione dell’attuale stadio (l’unica vera soluzione di senso e di interesse pubblico), cui nel frattempo dava manforte la conferma del prossimo vincolo sul secondo anello e il progetto di massima che Webuild (colosso mondiale dell’engineering e delle costruzioni) ha presentato dimostrando la fattibilità della ristrutturazione.
Dopo mesi di dichiarazioni e ricatti (vedasi la proposta di costruirsi in autonomia lo stadio fuori città a Rozzano e San Donato), il progetto di Webuild poteva essere la soluzione per le indebitatissime due società calcistiche; invece, sono emerse tutte le volontà speculative e la sudditanza del Sindaco, qualora vi fosse qualche dubbio, agli interessi finanziari e immobiliari. Inter e Milan hanno storto il naso di fronte all’idea di ristrutturare lo stadio di San Siro, intravedendo la perdita del business immobiliare annesso; il Sindaco non ha perso tempo rilanciando sulla vendita del Meazza (l’Agenzia delle Entrate starebbe già facendo le valutazioni del caso) e aree adiacenti alle due squadre, garantendogli così la possibilità di volumetrie da mettere a valore. La partita quindi si riapre e sull’erba sintetica di San Siro le squadre intente a speculare sono numerose, dall’UEFA, considerata la revoca dell’assegnazione della finale di Champions League 2027 causa impossibilità di garantire l’assenza di cantieri in corso nell’area di San Siro, alla famiglia La Russa, che prima attacca il sindaco e poi replica dicendo di non averlo attaccato ma sposa in toto la linea del doppio stadio e dell’esponenziale consumo di suolo, arrivando addirittura ad affermare che i cittadini milanesi sposano questa idea. Ad oggi in verità i milanesi che si sono espressi l’hanno fatto in direzione opposta. Certo, dovremmo chiederci perché ad uno stadio così vetusto sia stata assegnata la finale della competizione calcistica più importante, ma si sa la modernità di un impianto è direttamente proporzionale alle volontà speculative dei poveri fondi di investimento, a cui va concessa senza freni la possibilità di realizzare profitti. Ciliegina sulla torta il parere della Soprintendenza, la stessa che aveva posto il vincolo, circa la possibilità, in caso di vendita a privati, che il vincolo decada.
Siamo nel campo delle ipotesi e delle supposizioni, che dovranno ovviamente confrontarsi con la verificazione empirica futura. Ma uno scenario possibile che si delinea è quello di una “rifunzionalizzazione” di San Siro come stadio-monumento alla memoria di Milano e del glorioso passato calcistico di Inter e Milan. Lo stadio potrebbe essere conservato per quanto riguarda il primo e il secondo anello, vincolato dal 2025, con il terzo anello che sarebbe invece abbattuto. D’altronde il marketing della memoria tira e va di moda. Vecchia Milano. Con accanto un nuovo stadio privato più golose volumetrie residenziali, commerciali e terziarie per le due società.
Questo, in breve, quanto successo negli ultimi mesi e che getta di nuovo luci fosche sul futuro del Meazza, del Parco dei Capitani e, per l’effetto a cascata, di quello che potrebbe accadere al quartiere ALER di San Siro. Nel frattempo, in zona stanno terminando i lavori per la lussuosa SPA al posto delle ex scuderie De Montel; sull’area delle ex scuderie del trotto di via Rospigliosi sta terminando il progetto Syre, con alloggi di lusso (ma si rivendicano 142 alloggi destinati a edilizia sociale, con canoni dai 550 ai 1000 € mese…ciao poveri); sull’area dell’ex trotto Hines attende solo di capire cosa accadrà al Meazza per realizzare il suo progetto). Come se non bastasse continua lo smantellamento e la trasformazione in altro degli impianti ippici in polo del divertimento e dei concerti, sopravvivendo ormai solo la pista del galoppo e qualcosa delle piste di allenamento (anche l’ippodromo Maura verrà chiuso). Insomma, tutta una serie di spinte per un quartiere sempre più votato a residenti ricchi, turisti, divertimento, nel solco del modello Milano, che potrebbe far resuscitare dai cassetti il progetto Roy-Verga di abbattimento del quartiere ALER di San Siro, ritenuto da loro incompatibile con il resto della zona.
Per bloccare le mire speculative di Milan e Inter e quanto potrebbe accadere a cascata servirebbe un’Amministrazione Comunale fortemente orientata alla tutela dell’interesse pubblico e della città pubblica, ma sappiamo che non è così. In quanto al valore per la città di avere uno stadio di proprietà comunale, non crediamo che Sala si faccia maggiori scrupoli di quanti se ne sia fatti di fronte alla continua riduzione degli impianti sportivi e delle piscine comunali, tra strutture chiuse perché da ristrutturare, privatizzate o messe a bando, con tariffe sempre più alte. Anche lo sport a Milano è sempre più privato e per tasche ricche, in linea con il modello di città. Non solo praticarlo, ma anche assistervi, visto i costi crescenti e sempre meno popolari dei biglietti, forse per preparare i milanesi al futuro di uno stadio privato, con palchi e box lussuosi e tanti biglietti a disposizione per i ricchi turisti che vogliono vivere l’evento calcio. Tutto questo nella città pronta a ospitare le Olimpiadi 2026, a conferma dell’effetto nullo che simili eventi hanno sul favorire accessibilità e diffusione di pratiche sportive e impianti aperti a tutte e tutti.
Città pubblica, diritto alla città, sport popolare e dal basso, modello Milano. Le questioni in gioco nella vicenda stadio saranno al centro delle Utopiadi, che insieme ad altre collettive e realtà cittadine riunite nel Comitato Insostenibili Olimpiadi, stiamo organizzando per i giorni dal 25 al 27 ottobre a Milano, con sabato 26 un corteo per il diritto alla città e all’abitare. Perché siamo convinti che solo ripartendo dalla mobilitazione dal basso potremo ostacolare certi processi e, magari, salvare anche il Meazza.
Postilla: le cronache ultime legati agli intrecci tra ambiti criminali, leader delle curve ultrà milanesi, ambienti societari, disegnano un quadro che non meraviglia quando in ballo ci sono cifre importanti; la conseguenza del calcio-business è anche questa; ma non ci interessa approfondire le vicende giudiziarie, se non per dire che potrebbero essere ulteriore elemento a favore di chi vuole abbattere il Meazza e fare uno stadio nuovo e senza posti “popolari”. Non ci piacciono i criminali (e i fascisti) che controllano le curve, ma nemmeno lo stadio addomesticato utile solo a produrre profitti.