data: 2016-10-13 | autori: offtopic | lettura: 3 minuti
Sette Scali ferroviari dismessi, sul percorso della cintura ferroviaria milanese progettata e realizzata tra la metà dell’800 e i primi anni del ‘900. Uno di questi è lo scalo Romana, 216.000 mq di superficie interamente dismesso ad eccezione dei due binari su cui corre la linea del passante ferroviario S9.
E’ attualmente in vendita insieme agli altri scali dismessi, in un’operazione tanto delicata quanto importante per la città di Milano, che scopre ora l’esistenza di questi enormi spazi vuoti. Isola urbana, lo scalo Romana è circondato sui quattro lati cardinali da diverse anime della città gentrificatrice, e da diverse operazioni immobiliari che si sono avvicinate allo scalo rimanendo al di fuori degli alti muri che lo circondano. Nord: una zona residenziale (un tempo ibrida commerciale) antica e piena di storia. Ora zona borghese, si affaccia sullo scalo con alti condomini anni ‘60. Qui il tentativo di gentrificazione è evidente, con la costruzione ex novo di una residenza universitaria di lusso della Bocconi (al numero civico 21 di Viale Isonzo) e la ristrutturazione di un edificio esistente per gli stessi fini al n. 23, il restyling di facciata dell’ex cinema maestoso in piazza lodi, l’hotel grand visconti palace aperto nel 2003 dove c’era un mulino. E il paradosso che stride, il centro di accoglienza della caritas ai piedi di tutto ciò, all’interno dello scalo ma sul lato “sfigato” della strada.
Scalo Romana render progetto Studio Boeri
Est: un quartiere residenziale di recente costruzione che si innesta nell’ex zona artigianale (zona via tertulliano), farcito di centri commerciali e abitato in prevalenza da giovani nuclei familiari. Sud: quella che fu una delle più grandi zone industriali cittadine, ora quasi completamente dismessa, ed evidentemente al centro di un’operazione di restyling, vedi Fondazione Prada. La zona, divisa tra la parte est composta da abitazioni e recentemente da qualche locale alla moda e a ovest fra i ruderi delle vecchie industrie e il provveditorato degli studi è in pieno fermento e in fase di gentrificazione, nonostante gli spazi dismessi ormai da molti anni. Ovest: un progetto di gentrificazione mancato. A est troviamo un quartiere residenziale (o dormitorio, vista la totale carenza di attività commerciali di quartiere) con tanto di Esselunga gigante e loft finto industriali. La costruzione del quartiere Spadolini risale ai primi anni 2000 ma la zona non è mai decollata.
In mezzo, lo scalo. Con due invidiabili punti panoramici, il sovrappasso di via Ripamonti e quello di Corso Lodi, si presenta ora come una giungla di flora ferroviaria, ed è utilizzata malamente per eventi temporanei di dubbio gusto tra cui la festa de l’Unità 2016, qualche serata di musica elettronica o.. .un circo itinerante.
Anticipazioni per riaprire lo spazio ai recenti progetti presentati da illustri archistar, che prevedono la costruzione di edifici alti che rischiano di recintare il verde all’interno rendendolo di fatto privato ed esclusivo.
Forse saranno di tutt’altra idea le centinaia di persone che hanno attraversato e continuano ad attraversare questo spazio. Rifugiati dall’Afghanistan e dall’Eritrea che vivevano ai confini nord-est dello scalo, una piccola comunità Rom che occupava gli edifici tecnici adiacenti ai binari ora demoliti, e centinaia di persone che per i motivi più disparati o per necessità hanno trovato rifugio nei capannoni dismessi ai confini sud-ovest dello scalo. Una città nascosta ai più, non solo un tratto del fiume verde raccontato nelle conferenze stampa.