data: 2016-10-13 | autori: offtopic | lettura: 2 minuti
Del bosco della Merlata, dei suoi briganti e dell’omonima Cascina narrano le cronache milanesi del 1600. Era la classica Cascina lombarda con un grande corpo centrale, con merlature al tetto, per viverci, un grande portico nell’aia e due corpi laterali come fienili e granai.
Fino agli anni ’90 del secolo scorso, vi si vendevano uova e pollame ed era regolarmente abitata dagli ultimi nuclei dei contadini originari, che per anni avevano mandato avanti l’attività. Abbandonata al degrado e al deperimento strutturale, la Cascina e l’area attigua, circa 600.000 mq, sono diventate oggetto di interessi, che ne trasformassero volto e destini, ben prima di Expo. Era impensabile, nella Milano della densificazione urbana e del PGT, mantenere intatta quella che di fatto per anni è stata la più vasta area a destinazione agricola inglobata nel tessuto cittadino. Negli anni, alle spalle della Cascina, l’abbandono aveva portato alla rinascita di un bosco spontaneo e al formarsi di una vasta area umida, dove non era raro vedere gli aironi.
Nel frattempo la proprietà era passata di mano e ai nuovi proprietari, Euromilano spa, società formata da Lega Coop, Unipol, Banca Intesa e Finiper, non è parso vero cogliere l’occasione di Expo per riuscire nell’impresa di mettere a profitto e rendita immobiliare Cascina e terreni.
Fallita con la crisi l’ipotesi di realizzarvi il Villaggio Expo, vanificato il tentativo della Rete NoExpo di difenderne lo stato agricolo e verde con il Climate Camp nel 2011, l’area della Merlata è diventata una spianata di asfalto per realizzare i parcheggi (oggi vuoti e abbandonati) per Expo, con la classica finta rinaturalizzazione tipica delle grandi trasformazioni urbane milanesi, una selva di torri a uso residenziale, in gran parte ancora in costruzione, a ingrossare l’offerta di case a prezzi di mercato o quasi con la contropartita della finta edilizia popolare chiamata housing sociale. Sparito il bosco spontaneo, sparita l’area umida, la torre della vecchia fornace a ricordo di vecchie attività artigianali presenti.
E la Cascina? Certo era fatiscente e pericolante, ma che tristezza oggi vedere al suo posto un manufatto che nulla ha più a che fare con l’originaria destinazione rurale, un po’ autogrill (per citare WuMing II) un po’ palazzina per il privato sociale di turno.
Laddove vi erano legno e mattoni, impera l’acciaio corten, in un tentativo, bruttino e improbabile, di restituire un volto moderno mantenendo la vecchia forma, che potrà forse alimentari immaginari e star bene nei rendering, ma che non ha nulla a che fare con la Cascina Merlata viva nei ricordi dei milanesi.