Salario minimo territoriale: una possibile soluzione contro sfruttamento e precarietà

Venerdì 29 novembre sarà Sciopero Generale contro il Governo, le sue politiche sociali ed economiche, fasciste e autoritarie, che tagliano welfare, scuola, sanità e alimentano guerre. L’appuntamento a Milano è per le ore 9.30 in Piazza Fontana.

Nella città più cara d’Italia, dove nonostante il reddito medio sia ben sopra la media nazionale, il carovita e i tagli alla spesa sociale intaccano le condizioni di fasce sempre più ampie della popolazione, anche con redditi da lavoro a tempo indeterminato, proponiamo la riflessione che segue su una possibile misura di redistribuzione territoriale della ricchezza a compensare le storture e lo sfruttamento imposto dalla dinamiche del mercato.

Il salario minimo è stato oggetto di dibattito politico su cui, da subito, si sono attivate speculazioni di vario tipo, in particolare a dire il vero nell’area più conservatrice del paese ma con escursioni anche nel campo teoricamente progressista. Dopo mesi di chiacchiere, però, anche la più vaga e remota ipotesi di applicazione di questa misura è evaporata. 

Ormai da anni la politica economica del paese sembra dominata, quanto meno nel racconto che se ne fa, da due assi: 

  • turistificazione intensiva di ogni metro quadro della penisola  
  • attrattività per gli investimenti in ambito produttivo data dal basso costo del lavoro. 

Rispetto a questo secondo punto, non sfugge l’assenza di un qualsiasi tipo di indicizzazione dei salari al costo della vita (certificato dal fallimento dei CCNL), l’utilizzo massiccio in qualsiasi azienda della pratica dell’outsourcing e una precarietà della condizione lavorativa che ad oggi è talmente organica al sistema lavoro del paese che non rientra più, come tema, nemmeno per sbaglio, nell’agenda politica.

Se l’argomento sembra sia uscito in maniera quasi definitiva dalle aule del Parlamento, va però segnalato che a livello locale qualcosa si muove. In primis il Comune di Firenze ha infatti approvato lo scorso marzo una delibera tramite cui impone un salario minimo orario di 9 euro a qualsiasi attività appaltata dall’ente. Non significa certo che nella città di Firenze non si lavora più per meno di 9 euro ma, quantomeno, è una misura tramite cui l’ente interviene sul tema nei limiti a questo consentiti dalla norma.

Dell’iniziativa non fa parte il Comune di Milano, che eroga i propri servizi prevalentemente utilizzando società appaltatrici e di conseguenza lavoratori spesso pagati con importi anche molto inferiori ai 9 euro disposti dalla delibera fiorentina. Nella città dell’Olimpiade, in cui il lavoro mal pagato è spinto dalle evoluzioni della turistificazione, la lotta per un salario minimo territoriale, ben differente rispetto alle derive ordoliberiste delle gabbie salariali, che cerchi non di avvalorare le differenze prodotte dal mercato ma, al contrario, di lenirle tramite la limitazione dello sfruttamento, è uno dei temi che necessita di acquistare centralità quanto meno nel dibattito pubblico.