Note critiche su BlockupyFrankfurt

L’esperienza di Francoforte (16/19 maggio) ha colpito di sicuro l’immaginario collettivo, non necessariamente in maniera positiva. Nelle giornate che hanno visto sia l’annuale g8 che il vertice Nato passare in completo silenzio, l’attenzione dei media è stata catalizzata da un fuoco di fila di tragedie tutte italiane. I movimenti ne hanno invece scritto a più riprese, dal canto nostro abbiamo pensato fosse necessario far sedimentare un attimo le impressioni. Oggi vi proponiamo un commento, durissimo ma sentito e figlio dell’esperienza diretta di uno di noi, sulle giornate europee. In appendice alleghiamo una prima selezione di link delle riflessioni maturate da altri, e che riteniamo utili a ricomporre il dibattito sull’attualità di questi grandi appuntamenti di mobilitazione. Buona lettura,

Considerazioni critiche sulle giornate di “Blockupy Frankfurt”

La mobilitazione di Francoforte non è andata bene. Inutile nasconderselo, dietro il solito, inutile e dannoso autocompiacimento di chi era presente, preferendo la rappresentazione falsa del conflitto alla critica e all’analisi.

Leggiamo in queste ore comunicati e articoli che esaltano il successo e cercano di “salvare il salvabile” di una quattro giorni fondamentalmente fallimentare: riteniamo che questo sia esattamente quell’atteggiamento che ci sta condannando al minoritarismo a vita e all’incapacità di comprendere il momento storico che stiamo vivendo e le necessarie mosse politiche da compiere in una fase in cui il tempo è tutto.

Due sono i motivi principali che ci portano ad essere così duri nei giudizi e nella critica verso le auto illusioni: da un lato, numeri bassissimi, inconsistenti di compagni e cittadini; dall’altro (e di conseguenza) completa incapacità comunicativa del movimento non soltanto verso la popolazione tedesca, ma in generale verso i propri paesi di provenienza.

Certamente è da condannare e denunciare la completa militarizzazione del territorio francofortese e la reale sospensione della democrazia (almeno nei “diritti attivi” dei cittadini) attuata dallo Stato tedesco, con l’appoggio delle autorità di polizia degli altri paesi europei, da cui provenivano numerosi manifestanti. Qui più che altrove è stato chiaro che se è possibile manifestare contro i singoli governi nazionali, non è invece ammessa la protesta contro le istituzioni finanziarie responsabili delle politiche neoliberiste, prima, e dell’austerity continentale, oggi: in un momento in cui, a livello di lotte sociali e di voto elettorale, le popolazioni europee condannano a più riprese e con modalità diverse l’attuale gestione della crisi, in una fase in cui la Grecia (in quanto teatro di disgregazione istituzionale e rivolta sociale) è più vicina che mai, l’austerity ha bisogno di consenso. Una grossa mobilitazione europea contro la Bce e la finanza occidentale avrebbe creato chiaramente problemi.

Ma ciò non è avvenuto. Non soltanto per la sospensione di diritti per quei soggetti politici classificati come “estremisti” (secondo una vecchia logica liberale per cui il contestatore gode di meno diritti rispetto agli altri cittadini), non soltanto per la repressione intimidatoria preventiva e durante le giornate di protesta; certamente gli arresti e le identificazioni facili, i fogli di via, la presenza di oltre 15 mila poliziotti a Francoforte, i pullman e i treni fermati e fatti tornare indietro, etc. hanno intimorito e contribuito a sgonfiare l’organizzazione, già di per sé fragile.

Non è infatti possibile giustificare le mancanze e gli errori di “Blockupy Frankfurt” attribuendo le colpe alla polizia: lo Stato tedesco si è comportato in maniera chirurgica ed è pienamente riuscito ad impedire alla protesta di assumere dimensioni di massa o, addirittura, di rivolta vera e propria. Due sono, a nostro avviso, gli elementi che possono spiegare una tale impreparazione da parte del movimento: la disorganizzazione di base e l’assenza di un lavoro politico, a livello di singoli paesi, che preparasse un percorso verso il Maggio europeo. Queste sono colpe dei compagni tedeschi anzitutto, i quali avrebbero dovuto costituire la base di appoggio logistica, legale e organizzativa per le persone proveniente dagli altri paesi: non c’è stato niente di tutto questo. E’ mancata la struttura d’accoglienza, la difesa legale per gli arrestati (evitiamo di accanirci su un “legal team” inesistente) e, soprattutto, la capacità di contro organizzarsi di fronte alla repressione capillare della polizia e all’imponente dispiegamento di agenti e posti di controllo.

Oltre a ciò, sono mancati anche i numeri per tentare una qualunque forzatura o per tentare di conquistarsi spazi in più: non inventiamoci “migliaia di persone” o “blocchi di flussi” che non ci sono stati. Risulteremo meno ridicoli. La presenza maggioritaria era sicuramente italiana, seguivano poi francesi e spagnoli; gruppi molto più ridotti quelli greci, scandinavi ed est europei. L’affluenza dalle altre parti della Germania è stata fortemente ridotta a causa degli arresti preventivi e dei divieti d’ingresso nella città.

L’unica presenza abbastanza significativa si è avuta per il corteo conclusivo, sabato 19 maggio (la sola manifestazione autorizzata). Ma anche lì non capiamo come si possa parlare di successo: sicuramente, per il contesto tedesco, circa 15 mila persone sono una manifestazione più o meno di massa; ma la presenza imponente di migliaia di poliziotti in assetto antisommossa, che hanno sfilato fianco a fianco ai manifestanti, pronti ad intervenire in qualunque momento, hanno reso ancora più umiliante la marcia nella City e hanno impedito qualunque tentativo di forzare, bloccare e occupare veramente il quartiere finanziario e la Bce.

Tornando a casa, è sorta spontanea la domanda: quale degli obiettivi è stato raggiunto? Risposta: nessuno. Per tre giorni su quattro, più che manifestare e “bloccare” la City, si è ripetuta la stessa dinamica di arresti, identificazioni, posti di blocco, soppressione sul nascere di qualunque corteo o presidio anche di poche centinaia di persone e assolutamente inoffensivo. Non si è dunque riusciti a bloccare, né occupare nemmeno un’arteria stradale o una piazza: la città non si è praticamente accorta della presenza dei manifestanti; non si è riusciti a tessere quelle relazioni necessarie al nascere di una rete europea contro il neoliberismo e l’austerity; non è stato possibile comunicare nulla, né avere il necessario risalto mediatico; non si è stati in grado di costruire consenso e mobilitazione reale attorno a questa protesta.

Insomma, “Blockupy Frankfurt” è stato davvero un banco di prova: abbiamo avuto conferma di cosa i governi e gli Stati sono disposti a fare pur di difendere i quartieri imperiali della finanza continentale e occidentale; ma soprattutto abbiamo testato la nostra inadeguatezza rispetto alle necessità del momento. Attualmente, duole dirlo, le reti nazionali di movimento e dell’antagonismo non sono in grado né di costruire una mobilitazione nel proprio paese (escludendo il 15 ottobre e la particolare situazione greca), né tantomeno di realizzare una manifestazione transnazionale.

E’ da qui che bisogna ripartire: non dall’abbattimento, non dallo scoramento o dal pessimismo, ma dalla consapevolezza della realtà e del nostro stato di salute. Affermando che le giornate di Francoforte e il Maggio europeo sono andati peggio di quanto ci aspettassimo compiamo il primo passo per comprendere i nostri errori, cosa fin qua abbiamo sbagliato e provare a correggere la rotta in tempo per non essere cancellati da uno scenario politico e sociale pieno di fermento e in rapida evoluzione, ma dove un ruolo ce lo si conquista con analisi critica, consapevolezza e rapidità di movimento.

Appendice

Brevi note sul contesto di blockupy Frankfurt 17-19 maggio 2012
Sul Blockupy Frankfurt
I primi effetti di Blockupy Frankfurt: dimissioni del sindaco della città e del vicecapo della polizia
Il successo di Blockupy Francoforte e la dimensione internazionale dei movimenti
Note da Blockupy Frankfurt

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