“Tutti a casa!” ha urlato il governo. “Siete degli irresponsabili!” ha urlato il padronato ai lavoratori in sciopero costretti a lavorare in condizioni di esposizione al contagio. “Restate connessi!”, hanno urlato i capitalisti della sorveglianza.
In questo periodo di clausura per i più (ma non per tutti) e di epidemia, stiamo già assistendo a un fenomeno pericoloso: la digitalizzazione accelerata e forzata di molti settori della società e di tanti aspetti delle relazioni e attività sociali. Saremo gentilmente costretti o invitati dalla “solidarietà-un-cazzo” delle grosse aziende e corporations della gig-economy a utilizzare piattaforme proprietarie per poter svolgere lavoro e mantenere una forma di quotidianità e contatto a distanza mediato dal mezzo tecnologico.
Dall’organizzazione dello smart working alla didattica-a-distanza, dagli “aperi-Skype” allo streaming video e musicale, fino all’aumento esponenziale dell’utilizzo di social network e chat per restare in contatto: il processo di esproprio di dati e mining reality, di costruzione di una architettura della scelta entro i limiti imposti da Google, Microsoft, Apple e gli altri operatori privati che dominano il digitale ha l’occasione come non mai di appropriarsi di interi segmenti di tempo e spazio delle nostre vite in modo capillare. Grazie al monopolio sul possesso dei mezzi di socialità a distanza in tutti gli ambiti, ci sono di fatto indispensabili per garantirci efficienza, soddisfazione, tempo libero, relazioni.
Il disassembramento ha molti aspetti: è lo stato d’eccezione che, in nome di misure di sicurezza necessarie, sospenderà per lungo tempo diritti civili e attraversamento degli spazi urbani; sono gli scarti della digitalizzazione accelerata, chi non può accedervi, le fratture sociali che diventano ulteriore isolamento ed esclusione in tempi di quarantena; è anche accettare lo scambio tra continuazione (responsabile secondo Decreto) della normalità e del lavoro e furto della propria individualità.
Si può e si deve mantenere la solidarietà sociale senza diventare fonti di arricchimento per quello stesso capitalismo delle piattaforme da cui diventiamo sempre più dipendenti quanto più cediamo parti di noi: proveremo, anche aiutati da chiunque ci voglia supportare in questo lavoro politico, a dire che delle alternative esistono, che l’attuale disassembramento non deve per forza significare anche sorveglianza e perdita di ulteriore libertà di decisione. Per ogni livello della vita sociale vi sono strumenti liberi e che tutelano le forme delle intimità personali e delle organizzazioni collettive: anche questo è un modo per resistere e prepararci alla crisi che si aprirà dopo, quando l’epidemia in un modo o nell’altro finirà.
Buona vita e non lasciamoci disassembrare.
Di seguito l’elenco delle pillole, che troverete aggiornato di uscita in uscita (work in progress):
Pillola 1. Chat, video e streaming liberi
Pillola 2. Educazione e didattica a distanza
Pillola 3. Film, documentari, intrattenimento
Pillola 4. Scrivere, archiviare, lavorare a distanza