La popolazione scolastica in età dell’obbligo in Italia è di circa 9 milioni di minori, costretta a casa sicuramente fino a maggio e probabilmente fino a settembre, a causa delle misure precauzionali per emergenza #Covid19. Con la prospettiva di prolungamento della sospensione, Istituti scolastici e Ministero dell’Istruzione hanno iniziato a porsi la questione della continuità didattica e relazionale dei minori.
Senza tener conto della ancora profonda disuguaglianza di accesso a internet e a computer o dispositivi che permettono la fruizione delle piattaforme digitali con cui le scuole vorrebbero far fronte alla didattica a distanza (a Milano il 79% degli abitanti è coperto da banda larga, mentre la media in Lombardia è inferiore al 50%, in Italia ancora inferiore), la crisi offre una occasione di estensione del business e di estrazione di dati ai grandi protagonisti del capitalismo della sorveglianza, che hanno offerto gratuitamente le loro piattaforme a insegnanti e genitori: a partire da Google e Apple passando per Microsoft e Promethean, leader mondiale nella produzione di dispositivi per la didattica.
Da questa crisi non solo il diritto all’istruzione rischia di uscire ancora più segmentato, creando di fatto una discriminazione tra chi accede alla didattica a distanza e chi non può, ma il sistema educativo apparirà ancora più privatizzazione se non de iure, de facto.
Google ha offerto al MIUR, come in altri paesi, mail per i docenti con spazio illimitato e piattaforme per l’istruzione telematica (G Suite for Education, Hangouts Meet e/o Google Classroom). La privatizzazione avviene su un doppio canale: l’infrastrutturazione digitale gestita da operatori privati, imponendo l’utilizzo delle loro piattaforme proprietarie, verso cui la scuola pubblica si pone in termini di subalternità e dipendenza; il rapporto docente-studente, mediato da canali che anzitutto sono mezzi di estrazione dati.
Non sono accuse aleatorie, ma che hanno anche una recente storia processuale e di conflitto nella dimensione dei diritti civili: in New Mexico è stato aperto un caso contro Google, proprio sulla raccolta, registrazione e utilizzo informazioni sugli studenti delle classi che utilizzano GSuite, giustificato secondo gli avvocati dell’azienda dal fatto che la responsabilità sarebbe degli Istituti scolastici che avrebbero dovuto avvisare i genitori. Negli USA sono 80 milioni circa i bambini e gli insegnanti che usano le piattaforme Google.
In Germania, l’equivalente del nostro Garante della Privacy ha vietato l’utilizzo dei servizi cloud forniti da Google, Microsoft e Apple all’interno delle scuole pubbliche, proprio a seguito di indagini che hanno rilevato la assoluta mancanza di rispetto della riservatezza da parte dei colossi GigTech. La Norvegia sta facendo indagini in tal senso. L’emergenza non deve giustificare l’attuale svendita e colonizzazione de facto non solo dell’istruzione, ma anche e soprattutto dell’infanzia.
Le altre pillole:
0. La presentazione della campagna
1. Chat, video e streaming liberi
3. Film, documentari, intrattenimento
4. Scrivere, archiviare, lavorare a distanza