Un dossier di candidatura nocivo per i territori e pericoloso per le finanze pubbliche, ha assegnato a una Milano dilatata di 400 km le olimpiadi invernali 2026: uno schema di governance dei territori sempre più esclusivo, sempre più escludente.
In perfetta continuità con il modello Expo 2015, il capoluogo meneghino si è candidato non solo ad ospitare “i giochi” ma a traghettare l’economia nazionale verso una nuova potenziale stagione di recessione. Uno sviluppo che ha come paradigma non l’integrazione ma l’esubero e la stratificazione, come mostra la trasformazione di Milano negli ultimi 12 anni (se vogliamo usare come data periodizzante la metamorfosi del quartiere Isola-Garibaldi). Non “per tutti” e soprattutto non “da ciascuno secondo le sue possibilità” ma “dai molti in favor di alcuni”.
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