Iniziamo oggi la pubblicazione di un “longform” a puntate dedicato a Milano che vuole analizzare la situazione attuale della metropoli, dal punto di vista del Diritto alla Città e del Diritto all’Abitare, e contribuire al confronto e allo sviluppo di percorsi di critica e di lotta politica nella città proiettata verso le Olimpiadi 2026.
PRIMA PUNTATA: INTRODUZIONE
Le cronache milanesi degli ultimi mesi parlano di “terremoto sulla gestione dell’urbanistica a Milano”, di fine o crisi del “modello Milano”; di colpo media e opinione pubblica nazionale hanno scoperto e messo al centro della critica lo sviluppo urbanistico e il modello di città che la metropoli meneghina esprime da due decenni a questa parte. Ad alimentare analisi e approfondimenti sono state le numerose inchieste giudiziarie che da fine 2023 stanno mettendo il naso in decine di pratiche urbanistiche, si parla di 150 progetti o cantieri sotto la lente di ingrandimento, a seguito di alcuni esposti di comitati di abitanti. Al centro delle contestazioni un modello di gestire il territorio e di applicazione delle norme urbanistiche che ha consentito abusi edilizi e violazioni di regole e leggi di ogni tipo: uso delle autocertificazioni per avviare lavori di ristrutturazione di edifici che diventano grattacieli di 10 piani, aggiramento degli oneri di urbanizzazione peraltro già irrisori, utilizzo di bonus volumetrici e procedure di perequazione per edificare aree a valore scambiandole con altre edificabili ma in posti impraticabili, scambi di aree attraverso società ad hoc, indici volumetrici che sfondano i limiti non certo contenuti del Piano di Governo del Territorio.
Nel mirino sono finiti dirigenti e funzionari dell’Amministrazione Comunale, non certo chi ha favorito con le proprie scelte politiche, deliberando PGT e norme urbanistiche, uno sviluppo incontrollato della città, oltre le già ampie previsioni edificatorie del PGT stesso, che ha riempito la città di cantieri, portato all’edificazione degli interstizi anche minimi o di ogni metro quadro di area libera che avesse un potenziale valore per i meccanismi della rendita immobiliare e finanziaria. Un processo non nuovo per chi, come noi, già prima di Expo 2015, metteva a critica il modello di città che si stava sviluppando e che oggi potremmo riassumere nel passaggio dalla città pubblica e inclusiva e quella privata ed escludente. Un livello di critica che né le indagini in corso, né le cronache mainstream hanno toccato. Così come non è stato evidenziato come le pratiche urbanistiche sospettate di illeciti vedano presenti molti progetti che cavalcano quella narrazione “green” della città, di Milano città ad alta vivibilità, tanto cara al Sindaco Sala e ai suoi sponsor politici, economici, mediatici, a conferma di come a Milano il greenwashing sia regola. Tra i cantieri indagati troviamo infatti il “Giardino Segreto” in Via Lepontina all’Isola, il “Bosco Nascosto” sul Naviglio, il “Giardino Nascosto” di Piazza Aspromonte, le “Residenze del Lago” di Via Cancano al Parco delle Cave, la “Park Tower” di Via Crescenzago e in Via Stresa la “Torre Italia, dove vivere l’esperienza di stare a un passo dal cielo”; tutti interventi per residenze di lusso o comunque a prezzi sopra le medie di mercato, in nome di quella presunta sostenibilità e virtuosità ecologica, più vera nei rendering che nella realtà dei quartieri a cantieri ultimati.
L’Amministrazione Comunale, Sindaco in testa, ha fatto quadrato nei confronti di dirigenti, funzionari e dipendenti coinvolti, garantendo tutele legali, ma si è ben guardata dal fare autocritica, preoccupata più del rischio che si fermi il motore economico e attrattivo della città, ossia lo sviluppo immobiliare, supportata in questo anche dal blocco economico-finanziario che sta beneficiando dei frutti del “modello Milano”. Il Governo, da parte sua, Salvini in primis, nonostante l’avversione per la Giunta meneghina, è pronto a varare l’ennesimo condono o qualcosa di simile per fare un favore a costruttori e finanziatori. Anche i media mainstream fanno sponda, titolando di fuga degli investitori se non si trova una soluzione “di compromesso”.
Non una voce che metta al centro del dibattito il ruolo della politica e cosa siano oggi Milano o una città pubblica. Nessuno o quasi degli osservatori e dei commentatori, sicuramente non le opposizioni a Palazzo Marino, ha messo al centro delle analisi le responsabilità delle maggioranze che hanno governato la città negli ultimi 30 anni, senza soluzione di continuità in materia urbanistica (a detta dello stesso Manfredi Catella, Amministratore Delegato di COIMA l’operatore immobiliare più attivo probabilmente oggi a Milano) e come siamo arrivati a queste vera e propria predazione della città, limitandosi alla solita confidenza nel lavoro della magistratura.
Noi crediamo e siamo convinti che sia un approccio insufficiente se non inutile. Perché non ricordiamo una questione urbanistica che a Milano si sia risolta a favore della collettività e degli interessi della città pubblica a danno di speculatori o violatori di norme urbanistiche; perché non c’è un cantiere, un’opera grande o piccola che sia, che è stata bloccata e che ha visto vincere una vertenza o una lotta a cittadine, cittadini, comitati, a colpi di esposti o ricorsi alle vie giudiziarie. E siamo convinti che anche questa volta finirà così. Solo un’attivazione collettiva della città, che sappia costruire conflitto e mettere sul piatto la questione di un altro modello di città potrà cambiare la situazione. Così come siamo convinti che senza indagare a fondo le cause che hanno portato oggi a questa gestione selvaggia e predatoria del territorio metropolitano, non si fermerà il processo di messa a valore di ogni possibile metroquadro di Milano. E come dicevamo più su, le cause e le responsabilità sono principalmente politiche. Proviamo perciò a ricostruire, brevemente, come si è arrivati alle dinamiche che governano oggi la città.
Nella prossima puntata proveremo in sintesi a tracciare le linee, anche alla luce delle dinamiche globali del modello economico capitalistico, che hanno portato Milano a diventare negli ultimi 30 anni la città che oggi conosciamo.