Benvenut_ a una nuova puntata: dalla Silicon Valley ai nuovi quartieri smart di Milano, dal distretto MIND fino ai nostri corpi che attraversano la città – e vi si ribellano:
Le musiche sono di Le Gros Ballon e il podcast è realizzato dal collettivo politico Offtopic. Si ringraziano Dan, hackattivista del collettivo Unit e Laura Carrer, ricercatrice Hermes Center for Transparency and human Rights / giornalista freelance
In un’epoca in cui le città si estendono in egual misura nello spazio materiale e in quello digitale, è importante conoscere le ricadute sulle nostre vite delle azioni che svolgiamo quotidianamente nell’attraversare la città virtuale. Durante il corso di una giornata siamo costantemente connessi a internet: non solo ricerche su Google e condivisioni di informazioni attraverso i social network, da quando ci svegliamo a quando andiamo a letto utilizziamo sveglie, mappe, contapassi, programmi per ascoltare musica o fare conferenze online, app per fare nuove conoscenze, per fare acquisti, controllare l’andamento del ciclo mestruale o praticare sport.
Tutte queste attività, registrate da appositi sensori producono dati, ossia una grande quantità di informazioni sulle nostre vite, delle vere e proprie miniere d’oro per le Corporation dell’high-tech che possono così indirizzare scelte commerciali e consumi, gusti, mappare emozioni e stati d’animo, opinioni politiche e culturali e trarre maggiore profitto estraendolo direttamente dalle nostre esistenze. E’ ciò che viene definito “surplus comportamentale” ed è alla base del ciclo di consumo e produzione del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”.
In questo contesto si inserisce la retorica della smart city: una città che nasce con la promessa di rendere la vita più facile, attraverso “infrastrutture digitali” e una rete capillare di sensori costantemente connessi a internet. Dove lo spazio materiale disponibile si riduce in percentuale a favore di un’enorme estensione di quello digitale. Viene venduta la promessa di un luogo di vita innovativo, efficiente e sicuro, funzionale e sostenibile, grazie a soluzioni ipertecnologiche. Nella città del futuro, l’IOT – Internet delle cose permette e permetterà sempre di più in futuro di raccogliere dati in tempo reale, mettendo in comunicazione tra loro gli oggetti, capaci di scambiarsi informazioni per regolare al meglio problematiche come il consumo energetico o la gestione del traffico delle automobili.
Il gioco e la propaganda si rompono però nel momento in cui il modello sociale della Smart City non è democratico, né inclusivo e neutrale perché la tecnologia che l’alimenta non è neutrale e nella maggioranza dei casi favorisce dei meccanismi di controllo e accentramento di potere e capitali: per questo, più che “smart”, bisognerebbe parlare di Dataveillance City – basata sulla raccolta e sorveglianza dati dei suoi abitanti.