Viviamo in uno strano paese, in cui l’educazione viene considerata una opzione sacrificabile da opinione pubblica e governanti, mentre quello di chi ci lavora non è considerato, appunto, lavoro, ma attività genericamente intesa. Eppure, dall’infanzia all’istruzione superiore, il sistema educativo nazionale è garanzia di eguaglianza, sociale e tra i generi, linea di resistenza per soggetti e territori deprivati, possibilità di emancipazione nonostante la fine della mitologica “scala sociale”. Siamo rimasti incastrati nell’alternativa tra una apertura, parziale e discontinua, più funzionale al marketing politico che al diritto all’istruzione, priva di investimenti in sicurezza, strutture e risorse; e una chiusura considerata obbligata perché “la scuola è veicolo di contagio”, rimodulabile online. Ma entrambe le posizioni giustificano di fatto uno status quo che nega al contempo il diritto all’istruzione per i minori e la sicurezza sul luogo di lavoro per insegnanti, educatrici, operatori ATA, personale tecnico e amministrativo.
L’Italia è il Paese in Europa che da inizio emergenza Covid ha tenuto le aule chiuse più a lungo. E’ la prima volta dalla Seconda guerra mondiale che il sistema educativo nazionale si ferma così a lungo. Altri eventi del passato hanno causato l’interruzione della didattica (epidemie e crisi economiche) e, per descriverne le conseguenze, gli storici hanno coniato il termine “effetto cicatrice”: ferite i cui segni saranno visibili solo col tempo, spesso causando problemi a distanza di decenni – come appunto le cicatrici. Certo, nella prima pandemia dell’era digitale, la grande differenza col passato è la possibilità data dalle tecnologie comunicative di non interrompere del tutto la didattica ma trasferirla appunto a distanza: ma è davvero sufficiente per evitare ferite e cicatrici in futuro? E quali sono le conseguenze più dirette di questo modello didattico e scolastico?
Benvenuti dunque a nuova puntata di Fuori Fase: dai servizi all’infanzia del Comune di Milano alle scuole di periferia, passando per aule virtuali e gli effetti del Covid-19 su precarizzazione e crisi dell’istruzione pubblica.
Le musiche sono di Le Gros Ballon e il podcast è realizzato dal collettivo politico Offtopic. Si ringraziano le educatrici dell’infanzia in lotta del Comune di Milano, Mariangela Saggese (Unione Sindacale di Base), Claudio Mendicino (medico del lavoro, Medicina Democratica), Andrea Iomini (docente scuole superiori), le attiviste di Priorità alla Scuola Milano.