Il borgo di Ponte Lambro fu assorbito dalla città di Milano nel 1925, l’inclusione fu attuata in occasione degli espropri per la realizzazione del canale navigabile. La sua storia è irriducibile allo spazio offerto da queste righe ma di certo l’immaginario distorto con cui oggi conosciamo questo quartiere mette radici nei modi di governo del territorio periferico del secondo dopoguerra. A partire dagli anni sessanta l’ampliamento dell’area aeroportuale di Linate e la realizzazione della Tangenziale Est (unitamente ai confini naturali) determinarono una progressiva separazione del quartiere dal contesto urbano della città in espansione. L’edificazione di caseggiati IACP del decennio successivo, sganciata da un’adeguata progettazione di servizi e collegamenti con le altre zone di Milano, vide l’isolamento sociale stratificarsi a quello geografico. Ecco, l’immaginario del “quartiere”, ruminato da media e istituzioni, è spesso fermo a questa fase della storia della cosidetta periferia degradata. Da questa vicenda sono passati quarant’anni, e oggi non vogliamo insistere in maniera morbosa su temi anche importanti quali droga e mafie, sul riscatto portato dalle lotte dei comitati di zona, nè sulle problematiche della riqualificazione portata dai contratti di quartiere.
Non è passata una settimana dall’inizio dei lavori di abbattimento dell’ecomostro di Ponte Lambro, struttura incompiuta di mega-hotel dei mondiali di calcio del ’90, che il quartiere è investito dall’avanzamento di nuovi progetti di edificazione residenziale. Sull’adiacente area della trecentesca Cascina Zerbone, 42 ettari di verde per una delle ultime due aziende produtrrici di latte a Milano, verranno infatti edificati 53mila mq a canone moderato o convenzionato col Comune di Milano. L’operazione immobiliare verrà portata a compimento con il beneplacito della giunta che doveva salvare le cascine (ma non è disposta a rinunciare a 7mln di euro di fondi stanziati) e del Politecnico che ha lavorato alla progettazione e difende l’operazione perchè soltanto nuovi abitanti giustificano nuovi servizi alla popolazione. L’area complessivamente interessata dall’operazione sarà ben maggiore di quella indicata: si parla di 138mila mq per 2800 abitazioni. Il ciclo dei contratti di quartiere, in cui persino il pantone dei colori si decide assieme, si chiude insomma a Ponte Lambro cementificando la più grande area verde della zona per costruire nuove case in cui l’edilizia residenziale pubblica non ottiene che il due per cento delle quote complessive.
Riferimenti: Cascina Zerbone | CorSera | Repubblica