Dopo avervi offerto il bollettino NoExpo, appuntamento settimanale in cui, attraverso brevi report, abbiamo accompagnato il passo stanco del mega-evento verso la giornata di apertura e l’altrettanto stanco passo del militante NoExpo verso la contestazione del primo maggio, vi offriamo da oggi, ogni mercoledì, le cronache del Decumano: una sorta di resoconto dalla città vetrina del nostro inviato Felix Magath.
Cronache dal Decumano
La minaccia fantasma
Una linea retta è il culmine della sperimentazione architettonica milanese.
Perpendicolare ad un’altra linea, a comporre un villaggio lungo almeno due chilometri al cui interno è possibile far la coda.
Fra suggestioni estetiche mica da poco. Finita una coda ne puoi iniziare un’altra, e poi un’altra ancora. Dopo ovviamente far la coda per entrare. Non ci sono cancelli, ci sono gate, vigilati per evitare l’ingresso a magliette politicamente scorrette.
Un gruppo di persone cerca di volantinare. Cerca, perchè la security di Stato li blocca per tempo: in tempi di megaevento non è decoroso appellarsi ai diritti dei lavoratori interni al sito, in tempi di megaevento l’accesso al party va concesso solo a chi può superare l’accurata selezione della questura. Dopotutto ci troviamo davanti ad un evento con numeri da capogiro, tale è la baraonda di cifre che aleggia su di noi.
Un giorno mi chiesero un’opinione: suggerii di tenere un profilo più basso, di non promuovere le code estenuanti per accedere ai padiglioni, tanto più se le cifre sugli ingressi sono inferiori alle stime iniziali: la normalità bollerebbe ciò come disorganizzazione. La pratica della creazione delle file ha una sua storia ed una sua nobiltà, arrivata al culmine con la fila davanti alle discoteche romagnole degli anni 90. Qui però abbiamo un pubblico non limitato ai teenagers, le famiglie sono spaventate dal sole e dal disagio. L’aspettativa sui contenuti dei padiglioni si alza poi in maniera direttamente proporzionale alla fila e la delusione ha l’effetto di ricordare come il sistema di corruttele alla base di quest’operazione sia ben precedente rispetto al caso Bracco.
Io però non organizzo Expo, e nemmeno mi piacerebbe. Passare un’estate immersi nel cemento è un’ipotesi agghiacciante, chi può negarlo? .
Anche da qui il bisogno di andare oltre le veline ufficiali, oltre la coltre di fumo che sta isolando Expo dal resto del mondo.
Sono usciti, dopo esser stati negati per un mese, dei dati sugli ingressi: dati ufficiali aziendali. Niente sugli incassi, niente sulle vendite reali dei resellers, tutto a confermare un buco di almeno (almeno) 5 milioni di visitatori. Eppure in Via Rovello c’è chi brinda, c’è che ci sta convincendo che le stime in realtà non fossero di 20 milioni di visitatori ma di 12, c’è chi non si è accorto che il nordovest Milano è stato ribaltato e ricostruito per supportare l’arrivo di 24 milioni di visitatori. Qualche giorno fa è stata inaugurata la TEEM, un altra opera sottoutilizzata, nociva e costosa. Connessa ad Expo. Qualcuno sta ipotizzando un recupero del progetto originario della via d’acqua, altri più concretamente hanno messo in cantiere i lavori per la linea metropolitana 4. La demolizione della vecchia fiera per la speculazione edilizia è un orgasmo, la spartizione della città accelera il suo corso, la disuguaglianza sociale in tutto il paese aumenta ma i segreti di questo Expo sono per me una fonte d’attrazione a cui non posso non rispondere. Anche la classe dirigente nutre la stessa attrazione per l’oggetto, mi devo preoccupare?
Le cronache dal Decumano hanno quindi inizio: per tutti coloro che mangian bene pure a casa propria e non hanno centelli da regalare, quest’estate l’appuntamento fisso è il mercoledì.
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Expo addicted! L’indotto del megaevento spiegato agli expottimisti