Da qualche mese, dopo il laboratorio di mappatura che abbiamo portato avanti su San Siro e la pubblicazione del pieghevole, stiamo replicando un’indagine simile sul quartiere di Corvetto, oggetto di mire speculative da parte della macchina olimpica e altri protagonisti del saccheggio di Milano. Come parte di questo laboratorio collettivo, domenica 19 novembre abbiamo fatto una passeggiata di autoformazione nel quartiere, incontrando e conoscendo meglio chi si oppone alle trasformazioni in atto in nome di diritti negati a partire da quello alla casa. Dialogare con le realtà che lottano, alcune delle quali coinvolte nel laboratorio di mappatura, ha reso ancora più chiara l’oppressione materiale e concreta generata dal «modello Milano», incentrato sui grandi eventi e gli interessi privati come motore di un certo tipo di sviluppo urbano. Il testo che segue è quindi il racconto della giornata e delle riflessioni che sono emerse.
Quando si parla di «rigenerazione urbana», una delle idee dominanti è la convinzione che si tratti di un miglioramento del quartiere a beneficio della collettività e, per questo motivo, incontestabile. Tuttavia, passeggiando e dialogando con le persone che lo vivono emerge chiaramente come piuttosto si tratti innanzitutto di un’operazione mirata a renderlo più appetibile ai vari interessi del capitale e di chi ci specula. L’inizio della passeggiata in via Adige in Porta Romana tocca un caso che ne è un esempio, dove ci sono due palazzi di proprietà dell’ATS affittati con un canone calmierato e ora al centro di un’operazione che vuole metterli a profitto.
In questi palazzi, infatti, ci sono persone che ci sono nate e ci vivono da più di 50 anni, che, senza troppo preavviso, hanno ricevuto la comunicazione che in quello stabile non ci potevano più stare. Oltretutto, ogni richiesta di dialogo e di mediazione, è stata per lo più negata; al contrario, come ci hanno raccontato ciò che è prevalso è l’atteggiamento repressivo e poliziesco. Ad esempio, è capitato che una famiglia che viveva in occupazione nello stabile da più di 20 anni venisse sgomberata senza alcun preavviso. Nonostante avessero più volte fatto richiesta di dialogo e di regolarizzazione, ogni richiesta non è stata mai considerata e hanno invece ricevuto come risposta uno sgombero messo in atto con uno spropositato dispiegamento di polizia che li ha lasciati in strada senza nemmeno poter prendere i propri averi nell’immediato.
Altre forme di repressione e rifiuto al dialogo sono state applicate anche nei confronti del resto degli inquilini. Infatti, sono state varie le iniziative portate avanti da questi ultimi, tra cui la creazione di un comitato per portare avanti la richiesta di restare oppure di ottenere una soluzione concreta fattibile e, nonostante ciò, quello che hanno ricevuto sono state solo vaghe promesse di momenti di confronto che non si sono mai realizzati. In altre parole, si tratta di una strategia mirata a sfiancare la lotta e prendere tempo, per continuare con gli intenti speculativi.
Infine, un’altra mancanza dell’ATS è stata quella della manutenzione, ed è il motivo per cui esso presenta gravi danni strutturali. Gli unici lavori che sono stati effettuati sono stati quelli di manutenzione esterna, oppure quelli che sono stati obbligati a fare per norme sulla sicurezza, visto che c’era il rischio di caduta di mattoni sulla strada pubblica. Inoltre, lo stabile sarebbe in condizioni ben peggiori, se non fosse per il fatto che, nel corso degli anni, gli inquilini stessi hanno fatto di tasca loro dei lavori di manutenzione. Nonostante ciò, la proprietà non ha riconosciuto i lavori, non prevedendo alcuna forma di compenso per chi li ha effettuati. Il risultato è quindi il fatto che, con la campagna di sgomberi e il mancato rinnovo del canone d’affitto per gli inquilini, la maggior parte degli appartamenti oggi sono vuoti e in condizioni precarie, in attesa che qualche speculatore li compri.
In sintesi, la vicenda di via Adige in evidenza come la «rigenerazione» così intesa si tratti di un processo che antepone e naturalizza la logica del profitto privato rispetto all’interesse di chi, in tali palazzine, ci vive dalla nascita o ha trovato le proprie radici nel quartiere.
Se la gentrificazione di Porta Romana è da identificare tra le dinamiche che hanno rafforzato queste mire speculative, l’impulso definitivo è stato dato dalle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, con la costruzione del villaggio olimpico nel precedente scalo Romana. Come abbiamo visto in vari momenti del laboratorio mappatura, esso rappresenta un fattore che espande le mire speculative anche a Corvetto, in tutte quelle zone che erano rimaste, per lo più, ancora esenti da questi processi; la vicenda delle palazzine di via Sulmona lo dimostra.
Le palazzine di via Sulmona 11 erano anch’esse una forma di complesso residenziale di proprietà di Enpam (l’ente previdenziale dei medici e odontoiatri) e gli inquilini pagavano un canone ridotto. La costruzione del complesso si è articolata nel periodo compreso tra il 1963 e il 1971.
Anche qui in via Sulmona, nonostante gli inquilini paghino un affitto calmierato rispetto ai canoni di mercato, non sarà più così nel futuro. Questo perché, in seguito alla vendita, il nuovo proprietario mira a mettere a profitto il complesso, svendendo singolarmente gli appartamenti. Quest’operazione, quindi, ha un peso notevole sulle persone che attualmente ci vivono, le quali, se vogliono restare, hanno come alternativa quasi obbligata l’acquisto, oppure il pagamento di un affitto al prezzo di mercato nel caso il nuovo acquirente decidesse a sua volta di affittarle. Inutile dire quindi che queste dinamiche escludono chi non si può permettere né l’acquisto né l’eventuale pagamento di un canone maggiorato, finendo inevitabilmente per essere espulsi.
Da parte del nuovo proprietario, l’unica proposta che è arrivata è stata una proposta di acquisto degli appartamenti con un prezzo al mq per chi ci viveva inferiore a quello di vendita. Tuttavia, questa rimane sempre un’alternativa che non contesta le logiche di mercificazione della casa e, allo stesso tempo, non tiene conto delle spese accessorie. Infatti, anche in questo caso, gli edifici versano in condizioni precarie e necessiterebbero di manutenzioni le quali – a loro volta – sarebbero a carico degli acquirenti.
Infine, l’ultimo tassello di questa speculazione è l’operazione di marketing dell’immagine che viene utilizzata per vendere questi appartamenti. Il complesso, infatti, è stato rinominato “i giardini di via Sulmona”, in linea quindi anche con la messa a profitto dell’immaginario green come marchio pubblicitario che sta prendendo piede anche nel mercato immobiliare Milanese. In altre parole, l’utilizzo del greenwashing per completare l’operazione speculativa.
Successivamente, abbiamo continuato la passeggiata, passando per il “ponte verso il vuoto” di via Tertulliano, frutto di una pianificazione urbana caotica, la vecchia sede dell’INPS, che ora è vuota, e la scuola St. Louis, uno spazio di segregazione e inaccessibilità da parte di chi vive il quartiere. Infine, abbiamo concluso il percorso in via Toffetti, dove Amazon ha costruito il nuovo stabilimento che sta ulteriormente espandendo nei terreni circostanti.
In sintesi, questa passeggiata ha evidenziato alcune delle principali linee di conflitto che si stanno verificando nel Sud-Est di Milano. Tuttavia, per questioni di tempo, siamo riusciti ad affrontarne solo una piccola parte rispetto ad altri scenari con dinamiche simili, tutti accomunati dall’intento di svendere pezzi di città al migliore offerente a discapito di chi è radicato nel territorio.
Allo stesso tempo, sarebbe errato leggere queste lotte unicamente come qualcosa che caratterizza solo la fase recente, ma come un qualcosa in continuità con quelle del passato. Infatti, come raccontato dagli abitanti del territorio, Corvetto è da anni terreno di mire speculative; di conseguenza, si tratta di un quartiere che ha anche un grande passato di lotte per la casa e diritto alla città, così come reti che cercano di fare fronte comune per opporsi e ripensare gli spazi a partire dai bisogni da chi ci vive. La situazione di oggi è quindi in continuità con questo passato.
Per concludere, si può dire quindi che la passeggiata sia stata un momento importante per il lavoro di mappatura che stiamo portando avanti, da affiancare alle riunioni in presenza e ai dati raccolti online. Dimostra come sia fondamentale frequentare il quartiere e osservarlo alla luce delle discussioni collettive che sono state portate avanti, prima ancora dei momenti di restituzione che verranno organizzati una volta terminato il laboratorio.