No Expo 2015: dieci anni dopo avevamo ragione noi

Numeri

In questi giorni le cronache mainstream celebrano il decennale di Expo2015, magnificando il ruolo fondamentale avuto per il rilancio di Milano come metropoli globale e lo sviluppo dell’attuale modello di città, ricordando al tempo stesso il “grande pericolo” scampato il Primo Maggio 2015 quando i No Expo “presero in ostaggio la città”.. A sostegno di queste affermazioni si elencano dati, dal loro punto di vista emblematici, del “rinascimento meneghino”: aumento esponenziale del turismo, incremento significativo dei prezzi per i soggiorni alberghieri, incremento quasi del 50% del numero di bar e ristoranti, aumento considerevole delle offerte di alloggi di lusso (che siano case in vendita o appartamenti per affitti a breve), flussi senza precedenti di investimenti immobiliari dall’estero.

Omettono invece di raccontare quelli che descrivono l’immagine più reale dello stato della città:

  • Expo 2015 S.p.A., a fronte dei finanziamenti pubblici ricevuti per 2.318,7 milioni di euro, ha restituito al pubblico 874 milioni generando, quindi, un debito di 1.445 milioni di Euro (come abbiamo raccontato a suo tempo, quando vennero pubblicati i bilanci);
  • il grande evento green ha dato il via a un nuovo capitolo della cementificazione meneghina e alla deregolamentazione dell’edilizia, con il conseguente disastroso aumento di consumo di suolo, nella vicenda emblematica dell’ex Area Expo che, nonostante fosse stata sottoposta a referendum civico nel 2011 con oltre il 95% di voti favorevoli alla sua trasformazione in area verde a Esposizione conclusa, ospiterà a breve il polo MIND;
  • non meglio è andata sul fronte reddito e lavoro: la povertà ha raggiunto il picco degli ultimi 10 anni, i redditi si sono polarizzati radicalmente, mentre tra il 2018 e il 2023 almeno 400.000 persone hanno lasciato Milano a fronte di 500.000 nuovi abitanti a reddito più alto, in particolare nei quartieri periferici storicamente a reddito più basso i cui abitanti sono dovuti emigrare verso lidi più lontani in fuga dallo scoppio del costo della vita. Mentre sul tema eventi, grazie anche all’accordo dei Sindacati confederali, Expo ha di fatto sdoganato l’utilizzo massiccio del volontariato per le imprese e nel settore culturale

Sono proprio questi numeri a farci dire che, senza alcun dubbio, avevamo ragione noi.

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Stadio San Siro: lo scontro è tra Città pubblica e speculazione finanziaria

Era l’ottobre 2016 quando con altre realtà della periferia ovest demmo vita a Trotto Bene Comune provando a difendere le storiche ex scuderie e la pista del Trotto dalle mire speculative di Hines e Axa che, nel 2017, presentarono il masterplan con cui la proprietà dava seguito alla Determina Dirigenziale nr. 13 del 14 maggio 2014, Protocollo Generale nr. 319988/2014 (direttore di settore l’attuale assessore Tancredi, assessora all’ urbanistica Ada Lucia De Cesaris e nessun voto degli organi politici comunali, Giunta Pisapia) mutò la destinazione delle aree prevista dal PGT, consentendone l’edificazione e la conseguente valorizzazione fondiaria. 

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Solo il conflitto sociale salva Milano – e tutt* noi

Dopo mesi di rocamboleschi voltafaccia e piroette retoriche per difendere l’indifendibile, di fronte all’accusa più infamante di tutte per la classe politica, quella di corruzione, il sindaco Sala e il Partito democratico hanno infine deciso di abbandonare, in un trionfo di ipocrisia, la legge “Salva-Milano”. Infatti, è dai tempi del grande spettacolo (più mediatico che sostanziale) di Tangentopoli che nulla più della famosa “valigetta coi soldi” rappresenta l’incubo dei nostri governanti, in grado di compromettere carriere politiche e professionali nella pubblica amministrazione – molti più che il causare o peggiorare l’impoverimento di migliaia di persone. Ora, l’arresto dell’architetto ex direttore dello Sportello unico edilizia di Palazzo Marino e già vice-presidente della Commissione paesaggio, Giovanni Oggioni, per corruzione appunto, è riuscita dove non avevano potuto le opinioni illustri quali quelle di giuristi, urbanisti, architetti, oltre che le proteste dei comitati civici. Beppe Sala, Elly Schlein e giù a seguire fino alla destra leghista e meloniana, la grande coalizione che voleva con il “Salva Milano” non correggere e condonare, ma estendere all’intero Paese il modello di sviluppo urbano meneghino – considerato la “interpretazione autentica” della legge – hanno valutato “non esserci più le condizioni”. Non è chiaro per fare cosa: andare avanti con l’approvazione di una legge, ora collegata a una possibile pratica corruttiva, perché non più giustificabile; oppure per sostenere come universalmente valido il modo di amministrare la città dove contano unicamente le voci degli operatori privati?

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Verità e giustizia per Ramy

Ramy Elgaml, un ragazzo di 19 anni residente nel quartiere di Corvetto, muore nella notte tra il 23 e il 24 novembre, inseguito da una macchina dei carabinieri nelle strade di Milano per oltre otto chilometri. Gli amici e i parenti si riversano subito in strada, chiedono “verità e giustizia per Ramy”, come scrivono sugli striscioni che oggi resistono appesi tra via dei Cinquecento e via Panigarola. Le indagini vengono stranamente affidate all’Arma dei Carabinieri, invece che alla Polizia Locale, come prassi vorrebbe.

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