Era il 2012 quando denunciavamo, con la rete NoExpo, che la Brescia-Bergamo-Milano (Bre.Be.Mi.) era un regalo ai privati e a Banca Intesa, grazie a un project financing garantito dallo Stato e dalla finanza pubblica, nonché una minaccia per il futuro agricolo dei territori. Negli anni i debiti accumulati, per traffico inferiore a quello preventivato ed errori di investimento, hanno confermato le previsioni. Ora un’inchiesta di Wolf Bukowsky conferma che la Bre.Be.Mi. ha uno scopo a cui forse nemmeno i suoi ideatori avevano pensato: modificare la natura di un territorio e renderlo terra di conquista per nuovi investimenti.
Complice la crisi, che ha determinato chiusure di aziende e delocalizzazioni, e grazie alla presenza della nuova infrastruttura stradale, sono cresciute nella bassa bergamasca le richieste di aree libere per avviare insediamenti legati alla pura logistica. Protagonisti soprattutto i fondi pensioni, attratti dalla sicurezza garantita sul lungo periodo dell’investimento nel comparto logistico, che hanno approfittato della svendita di terreni un tempo parte di tessuto agricolo – adesso compromesso. E insinuandosi nella progressiva finanziarizzazione del settore nonché sulla dinamica in ascesa.
Tra Treviglio, Caravaggio e Cortenuova, sono milioni i metri quadri di territorio sacrificati a progetti che vedono coinvolti operatori economici di più settori, con le istituzioni locali e regionali complici e attratte dal miraggio di nuovi posti di lavoro, cieche però di fronte ai costi ambientali e sociali che la realizzazione dei poli logistici comporta. Le dinamiche di estrattivismo spinto favoriscono uno sfruttamento del lavoro amplificato dalle catene del subappalto, e non considerano la beffa dei nuovi poli che saranno ad alta automazione e quindi non quella fucina di posti di lavoro promessa.
I nomi principali che spuntano sono: Cortenuova freight station (Cfs), il polo logistico della Md, la “piattaforma distributiva” dell’azienda di logistica Italtrans, un magazzino logistico costruito dalla Vitali SPA di Cisano Bergamasco e dalla Logistic capital partners (Lcp). I principali proponenti di Cfs sono la stessa Vitali e la Medlog, “braccio logistico” della Msc.
Così come per i proclami che accompagnarono la realizzazione della Bre.Be.Mi., anche questi insediamenti si circondano di retorica green e social (come rappresentato dalla promessa del “Kilometroverde“) per nascondere la realtà di un settore che punta costantemente a cercare sui territori le condizioni più convenienti (leggi bassi salari e scarsi diritti) per operare. La conferma che un modello diverso di mobilità serve non solo ai nostri polmoni ma anche a evitare che il territorio diventi un’unica piastra di cemento, costruita sulla pelle dei lavoratori.