Da qualche mese, dopo il laboratorio di mappatura che abbiamo portato avanti su San Siro e la pubblicazione del pieghevole, stiamo replicando un’indagine simile sul quartiere di Corvetto, oggetto di mire speculative da parte della macchina olimpica e altri protagonisti del saccheggio di Milano. Come parte di questo laboratorio collettivo, domenica 19 novembre abbiamo fatto una passeggiata di autoformazione nel quartiere, incontrando e conoscendo meglio chi si oppone alle trasformazioni in atto in nome di diritti negati a partire da quello alla casa. Dialogare con le realtà che lottano, alcune delle quali coinvolte nel laboratorio di mappatura, ha reso ancora più chiara l’oppressione materiale e concreta generata dal «modello Milano», incentrato sui grandi eventi e gli interessi privati come motore di un certo tipo di sviluppo urbano. Il testo che segue è quindi il racconto della giornata e delle riflessioni che sono emerse.
Quando si parla di «rigenerazione urbana», una delle idee dominanti è la convinzione che si tratti di un miglioramento del quartiere a beneficio della collettività e, per questo motivo, incontestabile. Tuttavia, passeggiando e dialogando con le persone che lo vivono emerge chiaramente come piuttosto si tratti innanzitutto di un’operazione mirata a renderlo più appetibile ai vari interessi del capitale e di chi ci specula. L’inizio della passeggiata in via Adige in Porta Romana tocca un caso che ne è un esempio, dove ci sono due palazzi di proprietà dell’ATS affittati con un canone calmierato e ora al centro di un’operazione che vuole metterli a profitto.
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