San Siro: le ragioni di un conflitto

Su questo tema siamo intervenuti anche in occasione di uno speciale di Radio Onda d’Urto che puoi riascoltare a questo indirizzo.

Un nuovo stadio da 60.000 posti (occupando un’area di 128.000 mq) da costruirsi adiacente all’attuale San Siro laddove oggi ci sono i parcheggi. 140.000 mq di aree (quella della Stadio attuale e relative pertinenze) da edificarsi a centro commerciale, uffici, strutture ricettive e alberghiere, con un indice di edificabilità di 0,7 mc/mq. Questa la proposta progettuale a due fasi (prima lo stadio, poi il resto previo abbattimento di San Siro) fatta da Inter e Milan al Comune dì Milano nei giorni scorsi. Obiettivo dichiarato: avere una cittadella ludico-commerciale in grado di attrarre consumatori e turisti e generare business e profitti per le due squadre meneghine 365 giorni all’anno, così da colmare il gap economico e la “potenza finanziaria” con i maggiori club europei. Questi sono i dettami del calcio moderno, sempre meno sport da vivere e praticare e sempre più business da far fruttare in maniera lecita (merchandising, stadi di proprietà, attività commerciali, diritti televisivi) o illecita con la gestione mafiosa e criminale, a braccetto con i gruppi neofascisti, delle curve e dei gruppi ultrà e relativi biglietti e materiali fino alla gestione dello spaccio dentro lo stadio.

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Milano-Cortina 2026: una vittoria per chi?

Un dossier di candidatura nocivo per i territori e pericoloso per le finanze pubbliche, ha assegnato a una Milano dilatata di 400 km le olimpiadi invernali 2026: uno schema di governance dei territori sempre più esclusivo, sempre più escludente.

In perfetta continuità con il modello Expo 2015, il capoluogo meneghino si è candidato non solo ad ospitare “i giochi” ma a traghettare l’economia nazionale verso una nuova potenziale stagione di recessione. Uno sviluppo che ha come paradigma non l’integrazione ma l’esubero e la stratificazione, come mostra la trasformazione di Milano negli ultimi 12 anni (se vogliamo usare come data periodizzante la metamorfosi del quartiere Isola-Garibaldi). Non “per tutti” e soprattutto non “da ciascuno secondo le sue possibilità” ma “dai molti in favor di alcuni”.

Continua su Dinamo Press, per cui abbiamo scritto il pezzo.

Assemblea Pubblica su Piazza D’Armi e cintura Ovest

Dopo la vittoria al Parco delle Cave un’altra buona notizia per la periferia Ovest.
La richiesta di vincolo paesaggistico per Piazza D’Armi e gli ex magazzini è un passo avanti ed una conferma che la mobilitazione fatta sin qui ha raggiunto un primo risultato ma non basta. L’abbandono è un rischio che ben conosciamo e non sarà uno strumento tecnico ma la politica a scongiurarlo. Per questo non dobbiamo fermarci, anche perché nuovi e vecchi appetiti minacciano altre aree del Farwest di Milano.

È tempo di confrontarsi e organizzarsi per rilanciare l’iniziativa!

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Scali ferroviari milanesi. La turbo-città privatizzata per élite

La pubblicazione del bando per gli scali Farini e San Cristoforo, ha avviato nei mesi scorsi la grande operazione di trasformazione degli scali ferroviari milanesi (oltre ai citati, Greco, Lambrate, Rogoredo, Porta Romana e Porta Genova). Un passaggio chiave che accelera una vicenda, iniziata molti anni fa, il cui destino sembra essere inevitabile: il più vasto intervento su Milano degli ultimi anni (1.250.000 mq di superficie complessiva interessata, pari a centottanta campi di calcio) e la privatizzazione, di fatto, di aree del demanio pubblico, vendendo i semplici diritti edificatori. Andiamo con ordine e facciamo un passo indietro.

A questo indirizzo trovate l’articolo completo, che abbiamo pubblicato su Napoli Monitor.

Qui invece il nostro ripassone (via podcast) per Radio Onda Rossa di Roma.

Piazza d’Armi: verde, pubblica, aperta alla città. Appunti per capire a che punto siamo.

Quando abbiamo convocato la prima assemblea presso la Biblioteca di Baggio (novembre 2017) non ci aspettavamo di certo che ne sarebbe scaturito un Coordinamento capace, tra molte fragilità, di riportare l’ex Piazza d’armi della città nel dibattito cittadino e non solo. In questi 500 giorni, prima di lottare “contro” e “per”, abbiamo anzitutto imparato qualcosa su questo luogo. Qui abbiamo verificato la tenuta di quella trama di relazioni nate in seno alla lotta No Canal, qui abbiamo incontrato una biodiversità inimmaginabile in altri parchi urbani, qui ci siamo scontrati con l’indisponibilità dell’amministrazione comunale e di municipio a dialogare con chi ha a cuore il suo territorio e la città pubblica.

Progressivamente, tra un presidio e una serata di studio, abbiamo affinato le nostre parole. Dallo slogan “Verde, pubblica, servizi al territorio” abbiamo riconosciuto il valore dell’oasi naturalistica spontanea e come il tema dello stop al consumo di suolo passasse per la tutela degli ex-magazzini militari. Abbiamo visto progetti, tanti, avvicendarsi minacciosamente senza intaccare in alcun modo la nostra fiducia nella capacità di portare a casa risultati tangibili e riconoscibili dalla cittadinanza.

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