Ora a casa restateci voi! – Una campagna sulla gestione dell’emergenza Covid in Lombardia

Da oggi parte la campagna “Ora a casa restateci voi”  per chiedere le dimissioni dirette della giunta Fontana dopo la gestione disastrosa dell’epidemia in Lombardia (di cui abbiamo già avuto modo di parlare anche noi in diversi approfondimenti in questi due mesi). Consapevoli che le responsabilità del disastro non si fermano alla Regione ma sono molto più profonde e coinvolgono anche importanti pezzi del governo, del Comune di Milano, di Confindustria e Confcommercio, convinti che la soluzione non sia il commissariamento ma la fine di questa classe tecnico-politica, sosteniamo l’appello per iniziare a farla finita con i signori verde-nero-azzurri della destra lombarda.

Questo è il testo di lancio:

Con l’evoluzione del contagio e dei decessi per Covid-19, da febbraio in avanti, abbiamo visto frantumarsi il mito dell’eccellenza sanitaria lombarda, un mito che si è basato per molti anni sulla privatizzazione del servizio sanitario a discapito della sanità pubblica e territoriale.
La Lombardia è la regione che ha creato un mercato sanitario nel quale l’offerta di servizi da parte di soggetti privati era di fatto equiparata a quelli pubblici. Dal decreto legislativo 502/92, che trasforma le Usl in aziende, sino alla riforma del titolo V della Costituzione, che attribuisce nuovi poteri e autonomia alle Regioni, passando per la riforma Bindi del 1999 e la legge 133, che lascia alle Regioni il compito di finanziare direttamente la sanità, in Lombardia il peso del privato accreditato è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi 25 anni, favorendo lo spostamento sul privato della maggior parte delle prestazioni non urgenti e delle strutture di ricovero ordinario mentre gli ospedali pubblici sono stati accorpati, chiusi o fortemente ridimensionati.

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Oltre il reddito di quarantena. Un dialogo con Andrea Fumagalli

Nonostante stia prendendo forma un Primo maggio in quarantena, senza cortei o parade, una delle principali rivendicazioni, forse la principale rivendicazione della Mayday Parade, ovvero il basic income, sta scoprendo una nuova popolarità. Sull’endorsement rispetto alla misura, abbastanza clamoroso, di Mario Draghi e sulla proposta dell’helicopter money, Andrea Fumagalli ha già recentemente parlato[1], proponendo la recente versione di Hong Kong come migliorativa rispetto alla vecchia suggestione dei Chicago Boys. Sul reddito di quarantena, rivendicazione emersa recentemente, in particolare dal sindacalismo di base, per creare le condizioni di una chiusura delle attività produttive affiancandovi tutele importanti ai lavoratori, si è ragionato sul fatto che possa essere un utile strumento per rimodulare sia il welfare del paese sia la conformazione della produzione sulla base dei differenti bisogni che emergeranno[2]. Quel che non ci è chiaro è, però, qual è la leva attraverso cui queste istanze possano prender forma, considerate le difficoltà emerse nelle diverse sedi: europea, nazionale, regionale e comunale.

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Non lasciamoci disassembrare/6: navigazione in rete e data tracking

La nostra esperienza sul web come materia prima di un mercato non aperto, di asimmetrie dell’informazione. Come cancellare le nostre tracce, evitare di essere tracciati e garantirci libertà di movimento digitale?

Nei primi tempi di Internet, il collegamento tra un computer e un server si basava sulla fiducia tra i due. Questa “fiducia” è stata manomessa dal marketing digitale, scoperto da Google e seguito da diversi altri. La nostra esperienza con il web è diventata la moneta di scambio, monetizzando Internet per il profitto commerciale di pochi. 

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Diritto all’abitare e rendite immobiliari nella crisi Covid-19

L’emergenza generata dalla pandemia e l’inevitabile crisi economica che nei prossimi mesi colpirà il Paese, hanno posto al centro del dibattito pubblico la questione del reddito. Il lockdown ha lasciato a casa milioni di lavoratori fra cui molti precari, P.iva, finti lavoratori autonomi; per molti è scattata una riduzione dei redditi, ora garantiti da cassa integrazione o altre forme di contratti di solidarietà; migliaia di microimprese artigianali e commerciali sono ferme da settimane, alcuni hanno ricevuto il sostegno di quarantena mentre altri non hanno ricevuto alcunché. Tra Decreto Cura Italia e altri provvedimenti adottati o in discussione per la prevista “fase2”, nell’attesa di capire su scala europea quali risorse verranno messe a disposizione e a che costo, Governo ed Enti Locali hanno posto massima attenzione al problema della liquidità in direzione delle imprese e, solo in seconda battuta, la questione reddito dei lavoratori, sgravati dai bilanci aziendali grazie al ricorso della cassa integrazione oppure abbandonati ai loro amari destini. A pagare saranno e sono in primis i lavoratori meno tutelati, un’ampia fascia di soggetti deboli che hanno già iniziato a pagare i costi di questa emergenza. Anche per i “più tutelati”, l’epidemia rischia di riservare sorprese se, come gli indicatori sembrano prevedere, la crisi economica dei prossimi mesi “picchierà duro”, con forti ricadute su Pil, salari e tasso di occupazione. Questa situazione, in un Paese come l’Italia, con un sistema di ammortizzatori sociali insufficienti e non universali, è inevitabile fonte di ulteriore divaricazione economica e crescita delle disuguaglianze sociali. La crisi colpirà di più coloro che lavorano in quei settori dove più prolungate saranno le misure preventive e di distanziamento sociale (per esempio chi lavora nei settori dello spettacolo, della cultura, degli eventi, soprattutto a Milano), ma anche chi ha forme di contratto e rapporti di lavoro più deboli. Il reddito da lavoro, allo stato attuale delle misure di welfare esistenti, diventa in sostanza sacrificabile nell’emergenza e con esso i diritti di migliaia di persone.

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La cittá tecnologicizzata: linee di fuga attiva

Trascrizione e riproduzione dell’intervento di Stefania Milan alla giornata Contesto Urbano dello scorso 25 gennaio.

Vengo dalla campagna veneta anche se mi sono ritrovata a vivere in parecchie città gentrificate: Toronto, Amsterdam… Conosco Milano molto poco, per cui i miei esempi non si riferiranno a Milano ma, di fatto, i fenomeni di cui sto per parlarvi sono sempre meno geografici, cioè sono molto radicati nel territorio, hanno grandissime influenze nel territorio, a livello di esclusione sociale, di lotta alla diversità, eccetera, ma si stanno riproponendo in modo pressoché uguali, sia centro che periferia, sia nord che sud, est ed ovest; chiaramente con delle discriminanti: in un Paese dove c’è una legge, insomma uno stato di Diritto, forte, esistono diritti come quello alla Privacy che, in teoria, sono al fianco dei cittadini; comunque qui siamo in una condizione privilegiata ma i problemi sono uguali più o meno per tutti.

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