Perché la Lombardia? Inquinamento e Covid19

Lombardia, ecologia e salute pubblica

L’OMS ha stimato che nel 2016 in Italia ci sono stati 30.000 morti causate dall’inquinamento atmosferico (PM10, PM2.5, NOx, etc)1. Pianura padana e città come Torino, Milano, Bergamo sono tra le più colpite dalla tossicità 2 e dunque più esposte all’indebolimento delle vie aree per esposizione agli inquinanti atmosferici.

A Milano: dicembre 2019, gennaio e febbraio 2020 le concentrazioni di PM10 e PM2.5 hanno costantemente superato il limite di legge. Un ricerca di Legambiente Lombardia ha confermato l’inizio del 2020 come il peggiore degli ultimi 10 anni. Nei primi 60 giorni del 2020 ben 44 sono stati oltre il limite di PM10 3. Peggiore invece la situazione del PM2.5 che raggiunge 53 giorni oltre i 25μg/m3.

In sottofondo gli effetti antropici sul clima concorrono ad un peggioramento della situazione. L’inverno ’19-’20 a Milano è stato il più caldo degli ultimi 123 anni, segnando un aumento della media stagionale di 3.5° rispetto agli ultimi 30 anni. Le precipitazioni cumulate tra gennaio e febbraio sono state di soli 37mm, contro una media di 110mm. Da segnalare, inoltre, tra il 23 dicembre e il 16 gennaio, ben 25 giorni consecutivi senza piogge 4.

Infine, un dato pregresso sulla maggiore vulnerabilità degli abitanti della pianura padana nelle malattie influenzali – e respiratorie in particolari – rispetto al resto della popolazione: nel 2019 in Lombardia c’è stato il primato di ammalati, con 138 casi gravi 5. Questa è la situazione con cui gli abitanti di Milano (e della Lombardia) e i loro polmoni già compromessi hanno dato il “benvenuto” a Covid-19, malattia infettiva che colpisce l’apparato respiratorio causata dal virus denominato SARS-CoV-2.

Covid-19 e inquinamento

L’inquinamento atmosferico può esacerbare la virulenza di Covid-19?

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Non lasciamoci disassembrare/2: educazione e didattica digitale

La popolazione scolastica in età dell’obbligo in Italia è di circa 9 milioni di minori, costretta a casa sicuramente fino a maggio e probabilmente fino a settembre, a causa delle misure precauzionali per emergenza #Covid19. Con la prospettiva di prolungamento della sospensione, Istituti scolastici e Ministero dell’Istruzione hanno iniziato a porsi la questione della continuità didattica e relazionale dei minori.

Senza tener conto della ancora profonda disuguaglianza di accesso a internet e a computer o dispositivi che permettono la fruizione delle piattaforme digitali con cui le scuole vorrebbero far fronte alla didattica a distanza (a Milano il 79% degli abitanti è coperto da banda larga, mentre la media in Lombardia è inferiore al 50%, in Italia ancora inferiore), la crisi offre una occasione di estensione del business e di estrazione di dati ai grandi protagonisti del capitalismo della sorveglianza, che hanno offerto gratuitamente le loro piattaforme a insegnanti e genitori: a partire da Google e Apple passando per Microsoft e Promethean, leader mondiale nella produzione di dispositivi per la didattica.

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Non lasciamoci disassembrare/1: chat, video e streaming liberi

Whatsapp & co. funzionano alla grande. Ma hanno un piccolo difetto: espropriano i nostri dati personali e li vendono al migliore offerente, rendendoci più sorvegliati e ricattabili.

Dietro la retorica della costruzione di “una comunità globale e connessa al servizio di tutti noi” c’è un progetto cinico e aggressivo per costruire un aspirapolvere globale di dati che attinge da tutti noi. Le grandi aziende come Alphabet (Google), Facebook (Fb, Whatsapp, Instagram) e Amazon guadagnano scavando in profondità nei nostri dati personali, ricavandone modelli di comportamento e attitudini di acquisto che poi rivendono a terzi istituendo, di fatto, un mercato, piú o meno invisibile agli occhi dei piú. Se la cosa può apparire innocua ai più, in realtà non lo è.

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Non lasciamoci disassembrare: il mutuo soccorso ai tempi della quarantena

“Tutti a casa!” ha urlato il governo. “Siete degli irresponsabili!” ha urlato il padronato ai lavoratori in sciopero costretti a lavorare in condizioni di esposizione al contagio. “Restate connessi!”, hanno urlato i capitalisti della sorveglianza.

In questo periodo di clausura per i più (ma non per tutti) e di epidemia, stiamo già assistendo a un fenomeno pericoloso: la digitalizzazione accelerata e forzata di molti settori della società e di tanti aspetti delle relazioni e attività sociali. Saremo gentilmente costretti o invitati dalla “solidarietà-un-cazzo” delle grosse aziende e corporations della gig-economy a utilizzare piattaforme proprietarie per poter svolgere lavoro e mantenere una forma di quotidianità e contatto a distanza mediato dal mezzo tecnologico.

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Il diritto alla città ai tempi del colera

Giorgio Gaber nel 1969 pubblicava una canzone intitolata “Come è bella la città”. Il testo, dal tono sarcastico, forse perché in opposizione a Celentano che tre anni prima cantava la via Gluck, poneva uno sguardo critico sulla frenesia di una Milano già in fase di accelerazione, ma conteneva, come in ogni sarcasmo d’autore, un fondo di verità: un amore e una passione per la città, luogo privilegiato della vita e dell’allegria.

Milano, ai tempi dell’emergenza, è strutturalmente e funzionalmente diversa da quella che rimpiangeva e derideva Gaber. La chiusura dei negozi, il divieto di assembramenti e addirittura di riunioni appena numerose rendono le nuove misure straordinarie molto simili a quello che potremmo chiamare coprifuoco, in cui sembrano mancare solo l’ordine di oscurare le finestre e il divieto di parlare di politica.

E se da un lato la cautela e le misure di precauzione sono la migliore tutela dei soggetti più deboli, il rischio di veder scomparire, in nome dell’emergenza, alcune o molte delle libertà fondamentali che trovano realizzazione nella città è piuttosto elevato.

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