Abstract
La parola ‘smart’ indica raccolta dati, nell’attuale modello economico basato sulla sorveglianza. Se nella narrazione tecno-ottimista si parla di investimenti e innovazione, non è difficile vedere in azione una forma di governance attraverso il controllo, cheap e automatizzato, che potrebbe esacerbare il digital divide tra gli smart-citizen che hanno i soldi per i servizi e le vittime della ‘smartificazione’ prossima ventura.
Intervento di Dan del collettivo Unit durante la tavola rotonda “La città ambigua” all’interno della giornata di “Contesto Urbano”.
La parola smart indica la raccolta dati, nell’attuale
modello economico basato sulla sorveglianza. Se nella narrazione
tecnottimista si parla di investimenti e innovazione, non è
difficile vedere in azione in nuce una forma di governance attraverso
il controllo, cheap e automatizzato, che potrebbe esacerbare il
digital divide tra gli smart-citizen che hanno i soldi per i
servizi e le vittime della smartificazione prossima ventura.
Nell’accezione odierna Smart significa intelligente, furbo o moderno. Definirsi smart è un modo per far apparire stupidi gli altri. Se qualcosa si chiama smart (intelligente) significa che chi non la capisce o non la usa è dumb (stupido)1. Si tratta di una Buzzword: parola o frase usata per impressionare. Esempi di buzzword sono: sinergia, cyber, strategico e smart (smartbomb). Lo slogan di IBM è: Let’s build a smarterplanet.
S.M.A.R.T.: Surveillance Marketed As Revolutionary Technology.
Smart significa: “che raccoglie dati”.
È qualunque cosa che in qualche modo o in qualche momento agisce in seguito alla risposta di un qualche sensore e produce un qualcosa in maniera automatica.2
Leggi tutto “La trasparenza radicale si inurba: una contro-narrazione della smart-city”