3/3 ClimateStrike vs Olimpiadi2026 Milano-Cortina

ENI come sponsor e fornitore di energia in nome della sostenibilità; opere olimpiche e infrastrutture di contorno con impatto pesante sul consumo di suolo e gli ecosistemi montani e concentrate su trasporto su gomma; costi lievitati per Villaggio Olimpico e PalaItalia a Milano e per la pista da bob a Cortina per una spesa complessiva prevista (al netto delle infrastrutture, altri 10 mld di euro circa) di oltre 2,5 mld di euro, più del doppio della cifra preventivata 4 anni fa; una pressione immobiliare e speculativa, con annessi fenomeni gentrificativi, su tutto il quadrante sud-est di Milano, dove sorgeranno Villaggio Olimpico e PalaItalia, con prezzi delle case che stanno lievitando oltre il sostenibile sulla spinta delle grandi trasformazioni portate avanti da COIMA, Fondazione Prada, Covivio, Hines, Landlease e altri grandi gruppi finanziari e immobiliari; un ritardo su gran parte delle opere che prefigura commissariamenti, poteri speciali, deroghe, con le Valutazioni Ambientali Strategiche già bypassate.

Basterebbe già tutto questo a spiegare le motivazioni per opporsi all’operazione Giochi Olimpici Invernali Milano-Cortina 2026. Purtroppo c’è molto di più. Presentate e vendute all’opinione pubblica (nel solco della ritrita economia della promessa) come Olimpiadi sostenibili sotto tutti i punti di vista, addirittura a costo zero, anziché grande opportunità, si stanno rivelando, come ampiamente prevedibile, l’ennesima occasione di predazione (di territori, beni comuni, ecosistemi, casse pubbliche) con cui perpetrare un modello di sviluppo urbano e di sfruttamento della montagna per gli sport invernali secondo le logiche estrattivista e neoliberiste che stanno alla base della crisi ambientale.

La promessa Olimpica rilancia su Milano un’idea di città sempre più esclusiva, escludente, nociva per la qualità dell’aria e il consumo di suolo. Dove è il mercato a selezionare la popolazione. La scelta di sedi olimpiche disperse sull’arco alpino a centinaia di chilometri di distanza da Milano sta facendo proliferare ovunque, anche in zone che nulla hanno a che fare con le Olimpiadi, nuove opere viabilistiche, secondo un modello di mobilità già visto per Expo2015 che sta avvelenando i polmoni degli abitanti della Pianura Padana e che non risparmia nemmeno le grandi vallate alpine. La propaganda olimpica, sostenuta da media e operatori turistici, rilancia la pratica dello sci e più in generale di un modello di turismo invernale ormai insostenibile attraverso progetti per nuovi impianti, collegamenti e sistemi di innevamento artificiale sempre più indispensabili per consentire la pratica dello sci. A fare da sfondo e a conferma del riscaldamento globale in atto, un inverno secchissimo, con livelli di innevamento sulle Alpi irrisori, fiumi e laghi già ai minimi della portata e della capienza a presagire una stagione estiva con una crescente crisi idrica. Segnali che dovrebbero portare ad altre scelte che non investire miliardi di euro per asfaltare e cementificare città, pianure e valli, distruggere versanti, boschi, sistemi idrici, paesaggi per costruire impianti olimpici che il giorno dopo cadranno in disuso (come dopo Torino 2006), 

Il tempo di agire è ora. Il nostro non è un appello ma un auspicio: che dalle piazze del prossimo ClimateStrike del 3 marzo, e in particolare dalla piazza milanese, si levi alta e forte una voce di critica di contrasto a Milano-Cortina 2026 e a tutto quanto i giochi olimpici si portano appresso.

Stadio di San Siro: non c’è limite al peggio

Da settimane la vicenda del nuovo stadio di Inter e Milan a cui è legato il destino anche dello stadio Meazza a San Siro sembrava ferma, arenata tra le incertezze sulla situazione proprietaria e finanziaria delle due società calcistiche (che nel frattempo lanciano segnali e minacce di fantomatiche quanto improbabili e meno profittevoli soluzioni alternative tra Sesto S.G., San Donato e Rozzano, come ricatto e pressione nei confronti del Comune di Milano), i costi lievitati in maniera importante e il ricorso pendente al Consiglio di Stato contro l’abbattimento del Meazza.

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Alfredo Cospito, torniamo al punto.

C’è un equivoco di fondo nella battaglia politica – una delle più importanti degli ultimi anni – che Alfredo Cospito ha ingaggiato dal carcere contro lo Stato: questa non può essere una lotta di tutti. Certo, del suo esito la collettività nel suo insieme potrà beneficiare o meno, in quanto potrebbe cambiare in meglio un sistema o confermare la volontà della classe dirigente e del suo – vasto, eterogeneo, maggioritario – blocco di sostegno di non modificare e anzi peggiore lo status quo. Ma Cospito resta un anarchico e un militante politico rivoluzionario, al di là della condivisione o del rifiuto delle sue azioni e modalità di lotta.

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