L’inquinamento dell’aria accorcia mediamente la vita di 2,2 anni (fino a 6 anni) a miliardi di persone a livello globale diventando più mortale di fumo, degli incidenti stradali o dell’HIV/Aids.
Secondo i ricercatori dell’Università di Chicago “l’inquinamento dell’aria è il più grande pericolo esterno per la salute dell’uomo ma non è ancora stato riconosciuto globalmente o affrontato con la forza e il vigore necessario”
La Regione Lombardia e Milano sono state evidenziate tra le aree più inquinate a livello europeo anche nell’ultimo report 2021 dell’EEA (European Environment Agency)
Tra gli inquinanti più dannosi non troviamo solo il particolato, nelle sue varianti PM10 e PM2.5, ma anche biossido di azoto (NO2) che nella città di Milano provoca circa 1500 morti all’anno come evidenziato in una recente ricerca di “Cittadini per l’aria”.
Come abbiamo già precedentemente scritto l’esposizione all’inquinamento atmosferico è associato al diffondersi di malattie cardiovascolari e respiratorie. Allo stesso tempo la preesistenza di queste malattie sono state identificate come fattori di rischio di morte nei pazienti COVID-19, pertanto l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico può esacerbarne la virulenza.
Una nuova ricerca tutta italiana sembra confermare questa correlazione. Lo studio, relativo alla popolazione adulta della città di Varese (62.848 persone), seguita nel tempo da inizio pandemia a marzo 2021, segnala un aumento del 5% nel tasso di infezione per incremento di 1μg/m3 di PM2.5, 294 casi in più ogni centomila persone/anno.
Che l’aria respirata da noi milanesi fosse pessima e nociva è dato noto da anni, che favorisse anche diffusioni virali ed epidemiche era un’ipotesi di studio, che sempre più ricerche stanno confermando. Forse questo sfugge a Fontana e Sala che, ognuno per la sua strada ma con effetti analogamente nocivi, perseguono modalità di governo del territorio e di politiche della mobilità dove al centro restano consumo di suolo, cemento, nuove autostrade e asfalto e prevalenza della mobilità privata, al di là del greenwashing con cui le due amministrazioni “verdi” cercano di nascondere lo sporco sotto il tappeto.
Nonostante statisticamente l’inquinamento negli ultimi 10 anni sia migliorato, siamo ancora lontani da respirare un’aria non tossica. Inoltre il trend di miglioramento negli ultimi 5 anni è rallentato.
Il numero di superamenti nel 2021, pandemia o meno, è di 61 giorni contro il massimo di 35 da normativa Europea.
Per quanto riguarda la situazione dei biossido di azoto Milano si conferma il peggiore comune lombardo e unico ancora sopra al limite EU (40g/m3) con una media annua di 44g/m3. Ricordiamo che in ambito urbano le emissioni provengono prevalentemente dal traffico su strada.
Nonostante ciò, la propaganda della giunta meneghina prova a conquistare il podio di città più green d’Italia cercando (e non riuscendo) a stare entro gli attuali limiti di qualità dell’aria…limiti che però risalgono ad una direttiva Europea del 2008 che dovrebbe essere aggiornata, entro la fine del 2022, con le nuove linee guida dell’OMS.
Per fare un esempio: nel 2021, per quanto riguarda il PM2.5, Milano sarebbe oltre i limiti giornalieri per ben 6 mesi. Mentre il limite annuale sarebbe 5 volte oltre il limite.
Nel 2020 il Comune di Milano ha promosso il Piano AriaClima ma attualmente non è ancora entrato in fase attuativa e pianifica interventi significativi solo entro il 2030. Altri 10 anni circa per allinearsi con gli attuali obiettivi dell’Unione Europa che però risultano essere oggi anacronistici data l’introduzione delle nuove linee guida dell’OMS. L’allineamento a queste ultime sono per ora preventivate solo per il 2050. Decisamente troppo distante nel tempo data l’emergenza climatica e sanitaria che viviamo ogni giorno.
Se il buongiorno si vede dal mattino, al 24 gennaio 2022 siamo già 19 giorni oltre limite di PM10 di cui 16 consecutivi, il tutto nel silenzio più assordante del sindaco green Beppe Sala e della sua giunta.
Dal lato dei movimenti e della popolazione è però necessario non lasciar cadere il lavoro culturale e politico fatto nei mesi e negli anni precedenti, in particolare in vista della pre-Cop 26 di ottobre: la questione della qualità dell’aria che respiriamo è politica, si collega direttamente alla lotta per salute e per un sistema sanitario realmente universale; al modello di sviluppo, produzione e consumo, in cui viviamo e al necessario ribaltamento del paradigma che domina la mobilità metropolitana. Di palliativi noi e i nostri polmoni non ne possiamo più.