..o Polenta e Meneghino | Le eccellenze della città vetrina vol.4
“Proporremo concerti dal vivo tutte le sere e straordinari ospiti a sorpresa – ha annunciato proprio Farinetti – e conserveremo la memoria viva del teatro popolare. Mi diverte l’idea di riproporre la tradizione del teatro del 700, in cui si beveva, si mangiava e si ascoltava buona musica”.
(O.Farinetti)
Eh beh, come non ricordare le abbuffate davanti ad un palco teatrale nel 700! Non Goldoni e la ricerca drammaturgica che rinnova il teatro borghese attraverso una rilettura del teatro popolare, non la tendenza a scrivere testi in italiano con cui tradurre e rielaborare i precedenti testi prevalentemente dialettali della commedia dell’arte ma le grandi abbuffate e le serate in allegria davanti al menestrello di turno. Quest’idea strapaesana dell’Italia alle soglie del 2014 è divenuta brand, si chiama Eataly ed è la grande novità dell’ultimo decennio nell’industria agroalimentare. O meglio nel mondo della grande distribuzione. Di Oscar Farinetti, renziano di ferro e nuovo alfiere del made in Italy in tutto il mondo (nonché futuro ministro) si è detto tanto. Di Carlo Petrini, sua spalla ideologica nell’operazione Eataly, in grado di imporre al chilometro (quasi) zero (New York è più lontana di qualche isolato, per esempio…) un nuovo senso capitalistico si è già detto tutto ed il contrario di tutto. Del teatro Smeraldo e della sua trasformazione in supermercato si è detto invece un po’ troppo poco.
Così Pisapia, salutando le 25 persone licenziate (in conseguenza della chiusura del teatro): “E’ una sconfitta della città che però non dipende da noi, dipende da un passato che non e’ riuscito a restituire la piazza ai milanesi. Noi siamo impegnati a trovare una soluzione, chiaramente non dipende solo da noi”.
E’ una sconfitta della città, questo è sicuro. Il teatro Smeraldo da anni non brillava per programmazione, questo va ricordato. Nonostante ciò fa specie vedere sale cinematografiche (in centro) divenire megastore e teatri divenire supermercati. La trasformazione del mondo della cultura milanese sembra prendere questa direzione: la “creatività” ha senso solo se inserita in un contesto totalmente commerciale. Il prosumers si sta orientando sempre più in direzione del consumo fine a se stesso piuttosto che del consumo culturale come motore di nuova socializzazione e nuove esperienze umane.
E’possibile speculare all’infinito sulla deriva del “lavoro creativo” in questa metropoli (così come si potrebbe speculare all’infinito sull’utilità o meno della categoria “lavoro creativo”) ma (forse) non è affar nostro. E’ affar nostro invece raccontare la conquista della città da parte di una nuova generazione di imprenditori che in maniera pecoreccia vende stili di vita sostenibili tenendo però pressoché lo stesso atteggiamento di esselunga, auchan, Coop (con cui è socia nei progetti di Bologna ortomercato e MilanoExpo2015 ed in cui, si dice, confluirà l’intera società a breve http://www.lospiffero.com/buco-della-serratura/forza-eataly-farinetti-e-partito-12942.html). L’unica cultura che diffonde questo tipo d’operazione è cultura imprenditoriale, impostata su un falso immaginario (come può essere sostenibile e a chilometro zero un’azienda con negozi sparsi in tutto il mondo?), sulla precarietà dei lavoratori (a
Bari il 100% dei dipendenti Eataly è a termine), sull’opacità di bilancio (http://emanuelescarci.blog.ilsole24ore.com/2013/11/tripletta-di-eataly-apre-a-chicago-firenze-e-milano-.html) e sulle conoscenze politiche per arginare quei minimi ostacoli burocratici ancora presenti in un paese che sta sempre di più vendendo la propria anima alla scuola di Chicago.
A tenere il battesimo della nuova era del teatro e della musica come contorno a grasse e costose abbuffate (nella sede romana un piatto di cacio e pepe costa 22 euro…) doveva esserci, a sentire Farinetti figlio, Adriano Celentano. Questo lo scarno ma chiaro comunicato stampa attraverso cui l’ufficio stampa del molleggiato ha declinato l’invito: “Celentano è contrario a progetti in cui la musica sarebbe penalizzata in un contesto in cui gli elementi principali, come in questo caso la ristorazione e la commercializzazione di prodotti alimentari, sono altri”. Celentano, mica Loach….
Dopo numerosi rinvii, pare che Eataly aprirà nel febbraio prossimo.
Invitiamo la cittadinanza a portare quel giorno un caloroso benvenuto a Oscar, l’ottimista inguaribile. Il menestrello della cultura d’impresa e dei novelli e rampanti “self made men”.