ENI come sponsor e fornitore di energia in nome della sostenibilità; opere olimpiche e infrastrutture di contorno con impatto pesante sul consumo di suolo e gli ecosistemi montani e concentrate su trasporto su gomma; costi lievitati per Villaggio Olimpico e PalaItalia a Milano e per la pista da bob a Cortina per una spesa complessiva prevista (al netto delle infrastrutture, altri 10 mld di euro circa) di oltre 2,5 mld di euro, più del doppio della cifra preventivata 4 anni fa; una pressione immobiliare e speculativa, con annessi fenomeni gentrificativi, su tutto il quadrante sud-est di Milano, dove sorgeranno Villaggio Olimpico e PalaItalia, con prezzi delle case che stanno lievitando oltre il sostenibile sulla spinta delle grandi trasformazioni portate avanti da COIMA, Fondazione Prada, Covivio, Hines, Landlease e altri grandi gruppi finanziari e immobiliari; un ritardo su gran parte delle opere che prefigura commissariamenti, poteri speciali, deroghe, con le Valutazioni Ambientali Strategiche già bypassate.
Basterebbe già tutto questo a spiegare le motivazioni per opporsi all’operazione Giochi Olimpici Invernali Milano-Cortina 2026. Purtroppo c’è molto di più. Presentate e vendute all’opinione pubblica (nel solco della ritrita economia della promessa) come Olimpiadi sostenibili sotto tutti i punti di vista, addirittura a costo zero, anziché grande opportunità, si stanno rivelando, come ampiamente prevedibile, l’ennesima occasione di predazione (di territori, beni comuni, ecosistemi, casse pubbliche) con cui perpetrare un modello di sviluppo urbano e di sfruttamento della montagna per gli sport invernali secondo le logiche estrattivista e neoliberiste che stanno alla base della crisi ambientale.
La promessa Olimpica rilancia su Milano un’idea di città sempre più esclusiva, escludente, nociva per la qualità dell’aria e il consumo di suolo. Dove è il mercato a selezionare la popolazione. La scelta di sedi olimpiche disperse sull’arco alpino a centinaia di chilometri di distanza da Milano sta facendo proliferare ovunque, anche in zone che nulla hanno a che fare con le Olimpiadi, nuove opere viabilistiche, secondo un modello di mobilità già visto per Expo2015 che sta avvelenando i polmoni degli abitanti della Pianura Padana e che non risparmia nemmeno le grandi vallate alpine. La propaganda olimpica, sostenuta da media e operatori turistici, rilancia la pratica dello sci e più in generale di un modello di turismo invernale ormai insostenibile attraverso progetti per nuovi impianti, collegamenti e sistemi di innevamento artificiale sempre più indispensabili per consentire la pratica dello sci. A fare da sfondo e a conferma del riscaldamento globale in atto, un inverno secchissimo, con livelli di innevamento sulle Alpi irrisori, fiumi e laghi già ai minimi della portata e della capienza a presagire una stagione estiva con una crescente crisi idrica. Segnali che dovrebbero portare ad altre scelte che non investire miliardi di euro per asfaltare e cementificare città, pianure e valli, distruggere versanti, boschi, sistemi idrici, paesaggi per costruire impianti olimpici che il giorno dopo cadranno in disuso (come dopo Torino 2006),
Il tempo di agire è ora. Il nostro non è un appello ma un auspicio: che dalle piazze del prossimo ClimateStrike del 3 marzo, e in particolare dalla piazza milanese, si levi alta e forte una voce di critica di contrasto a Milano-Cortina 2026 e a tutto quanto i giochi olimpici si portano appresso.